HENRIETTE D’ANGEVILLE – LA FIDANZATA DEL BIANCO

La vera pioniera dell’alpinismo al femminile è da tutti considerata Henriette d’Angeville. Il 3 settembre 1838 a 44 anni di età l’alpinista ginevrina raggiunse la vetta del Monte Bianco, vestita con una gonna , con l’aiuto di un bastone e dodici tra guide e portatori. Anche qui l’impresa fu commentata con un misto di sorpresa e toni sprezzanti. Una guida di Chamonix al suo ritorno le disse:

«Avete avuto il grande merito di andare sul Monte Bianco, ma bisogna convenire che il Monte Bianco ne avrà molto meno ora che anche le signore possono scalarlo».

La contessina Henriette d’Angeville nacque nel 1794 in Borgogna, da una famiglia aristocratica francese. Durante la Rivoluzione suo nonno venne giustiziato; suo padre fu invece arrestato e, dopo essere stato rilasciato, si trasferì con la famiglia in una proprietà a Hauteville-Lompnes, nella regione del Bugey.

Fin da giovane si appassionò di alpinismo, che al tempo si stava diffondendo tra gli uomini ma era considerato un’attività non adatta alle donne. Non sposandosi mai e godendo di un certo benessere economico poté dedicarsi liberamente a questa sua passione

Henriette d’Angeville pianificò accuratamente e di persona tutti i dettagli della spedizione sul Monte Bianco, dal reclutamento degli accompagnatori – sei guide e sei portatori – all’equipaggiamento e al proprio abbigliamento. In uno dei primi capitoli del diario, che venne pubblicato solo nel 1987,  su cui registrò tutti i dettagli dell’impresa descrisse come la propria tenuta da scalata che comprendeva pantaloni in lana foderati, un vestito in lana scozzese imbottito, un cappello foderato di pelliccia, una maschera in velluto per proteggere le guance e un boa in pelliccia. Peso della mise: più di 7 chili.

In molti cercarono di dissuaderla, pensando che la sua fosse solo una trovata per far parlare di sé nei salotti parigini, giudicando che a 44 anni era troppo vecchia per una scalata, avvertendola che il corpo femminile non era in grado di sopportare simili altitudini e che, in caso di tragedia, avrebbe avuto sulla coscienza la morte degli altri componenti della spedizione che, diversamente da lei, avevano una famiglia.

D’Angeville non si lasciò scoraggiare e alle prime luci dell’alba del 2 settembre 1838, dopo un’estate di intensa preparazione, la comitiva partì da Chamonix diretta verso i Grands Mulets, dove montarono il bivacco. Alle due del mattino del giorno seguente ripartirono in direzione della vetta. Inizialmente le guide rimasero stupite dell’agilità e della bravura nello scalare della contessina ma arrivati al Dôme du Goûter, a 4300 metri di quota, il freddo e la fatica iniziarono a farsi sentire. Henriette d’Angeville dovette chiedere spesso di fermarsi a riposare, tanto che una guida le propose di portarla in spalla per l’ultimo tratto. Giudicando quella proposta come un affronto d’Angeville si fece forza e alle 13:25 del 3 settembre la comitiva raggiunse infine la vetta, dove festeggiarono brindando con bicchieri di champagne.

Henriette d’Angeville divenne così la seconda donna a raggiungere la vetta del Monte Bianco ma, dal momento che Marie Paradis, che aveva compiuto l’impresa 30 anni prima, aveva dovuto essere portata in spalla per parte del tragitto, è considerata la prima ad averla scalata con le proprie forze. Rientrata a Chamonix d’Angeville venne soprannominata “la fidanzata del Monte Bianco”, ricevette molte congratulazioni, tra cui quella della stessa Marie Paradis, e per qualche tempo la sua impresa fu raccontata in conferenze e articoli di giornale, ma non divenne mai realmente famosa come alpinista.
La sua grande impresa fu quasi dimenticata ma lei non smise mai di arrampicarsi e di sognare le cime. Scalò altre 21 vette. L’ultima, a 69 anni, fu l’Oldenhorn sulle Alpi Bernesi. Negli ultimi anni si interessò anche di speleologia e raccolse fossili e minerali che confluirono nel museo fondato a Losanna, dove si era ritirata a vivere e dove morì il 13 gennaio 1871.

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