ADA GOBETTI: dIARIO PARTIGIANO

Ada Prospero era figlia di Olimpia Biacchi e Giacomo, un commerciante di frutta immigrato a Torino nella seconda metà dell’Ottocento. 

È al liceo-ginnasio “Gioberti” che conosce Piero Gobetti, anche lui figlio di commercianti, che nel 1923 diventerà suo marito. Nel 1925 Ada si laurea in filosofia, per dedicarsi in seguito tanto all’insegnamento, quanto a studi letterari e pedagogici.Negli anni del fascismo la casa di Ada e Piero è al centro di una rete clandestina di intellettuali, che porterà più tardi alla costituzione del movimento Giustizia e Libertà.

Il 5 settembre 1924, mentre sta uscendo di casa, Piero viene aggredito sulle scale e selvaggiamente picchiato. Costretti a espatriare in Francia, nel 1926 Piero, mai più riavutosi dalle ferite, muore. Ada rimane sola, con il bambino Paolo di pochi mesi. 

Nel tentativo di ritornare a una vita normale Ada riprende il lavoro di traduzione prima di tutto, incoraggiata da Benedetto Croce, che aveva conosciuto durante il viaggio di nozze e che frequenterà la casa di Meana. 

Dal suo diario, qualche anno dopo Ada scrive: “Se volevo continuare a vivere bisognava che mi costruissi una vita mia, una vita autonoma, non più sostenuta e assorbita da un’altra più vigorosa. Bisognava insomma che imparassi a camminare con le mie gambe e a pensare con la mia testa.[…] In questo difficilissimo momento, potevano aiutarmi gli amici di Piero che in me continuavano a vedere inevitabilmente una parte e un riflesso di lui. Ma riuscirono meglio persone che non l’avevano conosciuto e che mi consideravano per quello che ero“.

Nel 1928 vince un concorso e inizia a insegnare inglese.

Non viene meno il suo impegno politico e culturale e la sua attività di relazione con dissidenti (i fratelli Rosselli, Nitti), fuoriusciti e antifascisti. Nel 1937 sposa Ettore Marchesini, tecnico EIAR, amante della montagna e fratello delle amiche di Piero.

Dopo l’8 settembre 1943, con il figlio Paolo, entra nella Resistenza, costituendo un primo nucleo di partigiani nella borgata Cordola di Meana di Susa e mantenendo i collegamenti tra Torino e le formazioni GL operanti in Val Susa e nei vari centri del Piemonte. 

Ada è attivissima in Val di Susa, una valle strategica per le comunicazioni con la Francia, ha incarichi organizzativi,  si muove tra Torino e la valle portando armi, ordini, stampa, soldi, direttive militari. In Francia prende contatto con le donne della Resistenza, con la sezione locale dell’Union Femmes Françaises. Viene nominata Ispettore del Comando militare della formazione “ Giustizia e Libertà”. Inoltre Ada Gobetti in veste di rappresentante del Partito d’Azione collabora con le partigiane di altre formazioni politiche, soprattutto con quelle garibaldine e socialiste, per la costituzione dei ”Gruppi Difesa della Donna”. Erano organizzazioni che si occupavano di coordinare un’azione clandestina di aiuto alla guerriglia, controinformazione e che arriverà ad auspicare un impegno politico delle donne. Dalle drammatiche esperienze di questi anni nascerà il Diario partigiano, pubblicato da Einaudi la prima volta nel 1956 e ristampato nel 1972.

L’approdo di Ada alla Resistenza affonda le sue origini in un antifascismo della prima ora, radicale e indefettibile, maturato tra le aule dell’università di Torino accanto ad un gruppo di giovani democratici capeggiati da Piero Gobetti (1901-1926), altissima figura di intellettuale liberale che ha lasciato un segno profondo nella cultura del Novecento. L’incontro con Piero è decisivo non solo sul piano sentimentale – i due profondamente innamorati si sposeranno nel ’23 – ma anche su quello ideologico. Ada è inevitabilmente influenzata dalla forte personalità del marito, ne condivide il pensiero e l’azione, lo affianca in tutte le battaglie politiche come quelle del ’22 fuori dai cancelli della Fiat a Mirafiori, ma a volte  la sua intransigenza e il suo rigore le pesano: “ Io sono una creatura selvaggia, che ha bisogno di cantare e di correre, cogliendo fiori. Sono fatta d’impeto e non di riflessione, per ora!”. Ma lui la rimprovera, considera il cogliere fiori un “trastullarsi con la natura”, mentre altre urgenze incombono. Ada lo asseconda: “è la mia amorevole negazione”, dirà nel suo diario; ed è pronta a sacrificare le sue passioni, lo studio del pianoforte e del canto ad esempio, per collaborare alle riviste culturali fondate dal marito “(Energie Nove”, “Rivoluzione liberale”) e dedicarsi allo studio severo della filosofia (si laureerà nel ‘25), e delle lingue e letterature straniere (russa e inglese).

All’interno del Diario troviamo anche vari passaggi in cui Ada racconta delle traversate sue, di suo figlio e dei suoi compagni, tra Italia e Francia. Traversate che oggi sembrano semplici ma che al tempo erano delle vere e proprie imprese, da affrontare con cautela per nascondersi da tutti i pericoli possibili.

Ada con il figlio Paolo, prima della traversata dell’inverno del ’44

Sulla sua traversata, compiuta con anche il figlio Paolo, nell’inverno del ‘44 scrive: “Se debbo esser sincera, partii per l’impresa che, pur senz’essere pericolosissima, presentava tuttavia rischi d’ogni genere, in uno stato d’animo d’assurda, incosciente letizia; come se si andasse in vacanza; come se si partisse per una di quelle avventure di cui era stata priva la mia infanzia solitaria e a cui avevo cercato di trovare un compenso vivendo, attraverso quella di mio figlio, un’infanzia nuova, libera e avventurosa.

Il 30 dicembre partirono da Meana, e con il treno raggiunsero Beaulard, dove finirono di preparare tutto il necessario. Da lì ripartirono a piedi fino a raggiungere una capanna a Rocher la Garde, dove fecero una piccola tappa, prima di dirigersi verso il Passo dell’Orso.

Prosegue poi: “Ma quell’ultimo tratto si rivelò veramente difficile. Non c’era piú la pista dei tedeschi, che l’altra volta aveva tanto facilitato il passaggio di Paolo e Alberto. Il vento aveva spazzato via la neve molle; e bisognava procedere facendo i gradini nel ghiaccio lungo un costone nudo, a forte pendenza, sopra uno strapiombo di due o trecento metri. Ma quella notte io non mi accorsi della difficoltà; e mi resi conto del pericolo affrontato solo quando, al ritorno, vidi, dall’altro versante, la paurosa inclinazione del nostro passaggio sull’abisso.

Raggiunto il passo, uno dei componenti scivola ma, fortunatamente, riesce a frenare la sua caduta verso il precipizio. In tutta questa confusione, Ada dimentica di tenere al caldo le mani che erano “diventate d’un curioso colore, tra il giallo e il bruno, assolutamente innaturale”. Battendole riprese in alcuni minuti il loro colorito naturale.

Iniziarono la discesa e verso le 6 del mattino arrivarono in Francia.

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