DUE MESI IN NUOVA ZELANDA

Ogni viaggio nasce nel cuore prima che nella mente, nel nostro caso è nato con una proposta di matrimonio e un desiderio comune chiamato “Nuova Zelanda”.
Così a gennaio io e Alexis ci siamo sposati e siamo partiti verso il regalo più bello che amici e familiari potessero farci: due mesi all’altro lato del mondo.
Abbiamo scelto di girare le due isole a bordo di un Van, un furgoncino camperizzato in cui abbiamo vissuto per sessanta giorni condividendo migliaia di chilometri, spazi ristretti, paesaggi fiabeschi e trekking memorabili.

Il van di Martina e Alexis

Vivere in un Van significa svegliarsi ogni mattina in un posto diverso, essere liberi di scegliere quando e dove fermarsi; vivere in uno spazio ridotto ti insegna a capire cosa è essenziale e cosa  è superfluo, sia nel Van che nella vita stessa.
La Nuova Zelanda è la meta perfetta per gli amanti dell’escursionismo e delle attività outdoor, grazie ai suoi innumerevoli parchi naturali e alla vasta estensione delle aree protette (che rappresentano il 32% del territorio); è soprattutto nota per le sue 9 “Great Walks” (GW) : percorsi di trekking selezionati per l’eccezionale qualità e varietà dei paesaggi che attraversano e per i diversi livelli di difficoltà che propongono.
La brama di fare alcune delle Great Walks è stata uno dei motivi che ci ha attirato in questa terra, anche se ammetto che inizialmente non è stato facile scendere a compromessi tra il nostro spirito di viaggiatori senza vincoli né itinerari preconfezionati e l’organizzazione meticolosa delle GW neozelandesi che prevedono un accesso regolamentato da prenotazione obbligatoria da parte degli escursionisti, tariffe variabili per il pernottamento nei bivacchi e infine la registrazione presso i vari centri del Doc (Department of conservation) che gestiscono e conservano la maggior parte dei sentieri.

Se di primo impatto questa rigidità, se così si può definire, può sembrare eccessiva, nella pratica è un sistema molto efficace sia per contenere il grande flusso del turismo di massa con tutte le conseguenze poco felici che ne derivano, sia per preservare maggiormente le aree protette e le biodiversità di un Paese che è strettamente connesso al suo fragile ma meraviglioso ecosistema.
Una volta fissate le date per le Track che intendevamo fare, siamo partiti a bordo di “I-Van-o” (così abbiamo battezzato il nostro coloratissimo Van) inseguendo le lunghe nuvole bianche, ammaliati dai colori vivaci e dai suoi affascinanti contrasti.

Kepler Track

Confinare in poche righe un’esperienza così lunga e intensa è un compito difficile, mi limiterò a descrivere alcune tappe salienti, nonostante ogni meta si sia rivelata una continua sorpresa, addirittura più spettacolare di come la immaginavamo.
La Nuova Zelanda è una terra lussureggiante in cui le montagne camminano a braccetto con il mare e le foreste si affacciano su spiagge dorate, è proprio quest’ultimo il caso del Parco Nazionale di Abel Tasman, in cui abbiamo percorso la nostra prima GW che prende il nome di “Abel Tasman Coast Track” : un tracciato di 54 km percorribile dai 3 ai 5 giorni che scorre lungo la costa del parco nazionale che porta lo stesso nome, situato nell’angolo nord-occidentale dell’Isola Sud.
Il sentiero, che noi abbiamo percorso in tre giorni, è un piacevole susseguirsi di salite e discese nel mezzo di verdissime foreste di felci che fanno capolino sulle spiagge isolate della Golden Bay, in cui una lunga giornata di trekking può essere seguita da un bagno corroborante nelle acque turchesi del mare di Tasman.

Abel Tasman Coast Track

Trattandosi di un percorso lungo la costa, è necessario tenere sotto controllo l’andamento delle maree e programmare alcuni attraversamenti solo in condizioni di sicurezza, una volta verificati i giusti tempi di percorrenza  non resta che camminare nella direzione segnalata e godersi l’enorme distesa di conchiglie che aspettano placidamente l’arrivo dell’acqua.

Il fatto che si trattasse di un percorso costiero ci ha indotto a peccare di superficialità sottovalutando alcuni aspetti tecnici molto importanti, ovvero che i percorsi di più giorni sono attrezzati solo con servizi basilari (toielette senza doccia, posti limitati per dormire e/o campeggiare, talvolta uno spazio cucina), è quindi necessario portare con sé tutto l’occorrente dal sacco a pelo al fornelletto, dalla tenda al cibo e all’acqua per tutta la durata del trekking, tenendo presente che per l’intera durata del tragitto non c’è modo di uscire dal percorso e solitamente si rimane per giorni fuori dal mondo, fatta eccezione dei compagni di cammino e dei Ranger che supervisionano scrupolosamente i bivacchi.

Con queste premesse e con la leggerezza d’animo di chi ha il solletico sotto i piedi e la voglia di percorrere nuove vie, ci siamo piegati sotto uno zaino troppo pesante, avvampati da una calura tropicale, per finire vittime delle zanzare che adorano banchettare a spese dei nuovi avventurieri. Sono errori grossolani da cui abbiamo imparato molto ma che non ci hanno impedito di beneficiare della poesia che solo la natura sa regalare a chi si inoltra attraverso suoi sentieri come fossero un libro aperto.

Dopo l’Abel Tasman siamo scesi verso il Fiordland National Park, il più grande parco nazionale di tutta la Nuova Zelanda, che vanta la più grande varietà paesaggistica del Paese tra ghiacciai, montagne, fiordi, foreste, spiagge, fiumi, specie animali e vegetali bizzarre e interessanti.
Qui, nella Regione più meridionale dell’Isola del Sud, abbiamo percorso il Kepler Track, un circuito di 60 km tra i laghi Te Anau e Manapouri, della durata di quattro giorni e tre notti in cui i piedi danzano attraverso rigogliose foreste pluviali fino alle creste più alte sferzate dai “quaranta ruggenti”, i forti venti che soffiano dai mari antartici e che possono piegare anche le ginocchia più solide.

Kepler Track

Il Fiordland è una zona dominata dalle montagne e dall’acqua grazie ai 200 giorni di pioggia all’anno che mantengono la vegetazione vibrante e i corsi d’acqua generosi.
Percorrere questo scenario è stata una gioia dei sensi, siamo entrati costeggiando un lago e siamo riemersi in una radura alpina dalla quale si stendeva un soffice tappeto di nuvole, ci siamo goduti la vista privilegiata che è consentita a chi cammina sulle creste più alte, per poi scendere in una vallata circondata da paludi ancestrali, infine abbiamo percorso l’ultima giornata all’interno della foresta in cui la pioggia filtrava timida e costante tra la fitta vegetazione conferendo al bosco un aspetto incantato e surreale.
Dopo queste due tappe emozionanti abbiamo proseguito il viaggio verso Bluff, la città che i neozelandesi ritengono il punto più a sud del paese, al dì la del quale si trova solo l’Isola di Stewart e infine il Polo Sud. Da lì abbiamo iniziato l’ascesa verso l’Isola del Nord, attraverso strade e luoghi che sono rimasti scolpiti negli occhi e nel cuore.
Una volta passato di nuovo lo stretto di Cook ci siamo diretti al Parco nazionale di Tongariro, considerato patrimonio mondiale culturale dell’Unesco dal 1993.

Parco nazionale di Tongariro

Al suo interno si trovano vulcani attivi ed estinti, una vasta gamma di ecosistemi e biodiversità tra le più ricche del Paese.
La sola visita a questo posto basterebbe per giustificare un intero viaggio in Nuova Zelanda, non a caso il Tongariro è considerato uno dei più bei trekking giornalieri al mondo, si tratta di un percorso di 20 km su paesaggi alpini vulcanici dai contrasti netti: bocche fumanti, valli glaciali, antiche colate laviche, rocce vulcaniche oscure e proibitive, vegetazione alpina e laghi bagnati di colori. Il Tongariro è un posto magico, sia per la qualità e varietà dei paesaggi che per il suo patrimonio culturale e spirituale per la popolazione maori che considerano sacre le montagne e i corsi d’acqua nel cuore del parco.
La nostra esperienza si è conclusa dopo due mesi con l’arrivo a Cape Reinga, l’estremità più a Nord dell’Isola del Nord, che ci ha accolti a fine giornata con un tramonto epico e la vista mozzafiato del punto in cui si incontrano il mare di Tasman e l’Oceano pacifico, creando dei giochi di colore blu e verdi con la complicità delle onde e del riverbero delle ultime luci del giorno.

Wai-O-Tapu

La Nuova Zelanda è stata una grande maestra nell’insegnarci come la natura non sia solo la cornice delle nostre vite ma ne sia parte integrante, essenziale.
Abbiamo appreso che camminare è un sentimento, abbiamo sincronizzato i nostri passi con il ritmo del sole, della luna e delle maree.
Abbiamo capito il valore del silenzio davanti alla perfetta simmetria degli elementi, quando dolci pendii si mescolano a severe punte verticali fino a creare un caleidoscopio di riflessi nelle acque dei laghi su cui dipingono la propria immagine.
Camminiamo e non abbiamo nessuna fretta, perché in natura “nulla ha fretta eppure tutto si realizza”.

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