Ninì Pietrasanta: l’amore per l’alpinismo e la cinepresa

Fu una vera forza della natura, Ortensia Pietrasanta, detta Ninì, classe 1909, nata in Francia e cresciuta a Milano. Una delle protagoniste dell’alpinismo femminile degli anni ‘30. Attratta fin da ragazzina verso l’alta quota, Ninì viveva ogni ascensione con semplicità e spontaneità, quella di una giovane donna che non vuole competere, ma solo essere se stessa. In un’epoca dominata dal culto della personalità e nell’alpinismo, in particolare, dal mito eroico della vetta. Una pioniera della montagna, che raccolse le memorie delle sue imprese alpinistiche nel volume Pellegrina delle Alpi, scritto fra il 1927 e il 1932, e pubblicato nel 1934 dall’editore Vallardi. Ninì è stata anche una pioniera delle riprese di montagna: le scalate compiute con i compagni di cordata e, soprattutto, insieme a Gabriele Boccalatte, che sposò e da cui ebbe un figlio, sono raccontate attraverso fotografie, riprese in 16 mm e passi di diari. 

Nata nel 1909 a Bois-Colombes, nei sobborghi di Parigi, dove il padre Riccardo professore di Ragioneria presso l’Università Bocconi di Milano risiedeva per lavoro, Ninì rimane presto orfana dell madre Mariuccia Vernansal de Villeneuve (1890-1924) e si trasferisce in tenera età a Milano, dove cresce in un ambiente liberale e impara i primi rudimenti di fotografia e l’utilizzo della cinepresa, strumenti con cui documenterà le sue avventure.

Fin da giovanissima si appassiona alla montagna e affronta le prime ascese sul gruppo del Monte Rosa e dell’Ortles tra le quali la Punta Thurwieser il 7 agosto 1929 attraverso la cresta sud; la nord del Lyskamm Orientale il 26 agosto 1929 e che ne fu la prima ascensione femminile; la nord-ovest della Zumstein il 10 agosto 1930; il versante nord del Corno Bianco.

Nell’estate del 1932 Ninì Pietrasanta incontra a Chamonix il torinese Gabriele Boccalatte che diverrà prima suo compagno di cordata e poi marito. Con lui effettuerà numerose imprese memorabili tra cui la conquista della parete ovest dell’Aiguille Noire de Peuterey.

La nuova via aperta sul pilone nord-est del Mont Blanc du Tacul varrà a Ninì e al marito la Medaglia d’oro al valore atletico.

Nel 1938, con la morte del marito avvenuta in montagna, Ninì decide di abbandonare l’alpinismo estremo, ma non la montagna. Collabora per molti anni con le riviste del Club Alpino, pubblicando scritti e fotografie, ma il suo testamento più importante è il suo libro, “Pellegrina delle Alpi”, dove traccia il suo pensiero che si snoda tra tecnicismi, relazioni di salite e passione, unificando tutto in unico argomento che ci restituisce la sua dimensione e la sua visione dell’alpinismo come di un mondo che unifica, tecnica e passione, amicizia e sacrificio, amore e rispetto. Non mancano le sue riflessioni sul ruolo delle donne in montagna e dell’ostracismo di un ambiente chiuso e maschilista, specialmente negli anni 20 e 30.

Ninì muore nel 2000 nella sua casa di Arese. Nel 2006 il figlio trova un baule abbandonato in soffitta, al suo intorno si trova tutto l’archivio cine fotografico di Ninì, circa 2500 fotografie tutte rigorosamente catalogate che vanno dal 1932 al 1936. Oltre alle foto ci sono i filmati, perché Ninì fu la prima persona al mondo a portare una cinepresa in parete per filmare le scalate.

Torna in alto