La montagna al femminile. Le prime protagoniste.

La montagna non ha mai fatto distinzioni tra uomini e donne: è sempre stata casa per entrambi. 

In passato, infatti, quando gli uomini si spostavano, alla ricerca di lavori stagionali, come l’allevamento e la pastorizia, erano le donne a subentrare e a gestire la famiglia e le sue attività.

Ciò, ovviamente, includeva tutte le mansioni, anche fuori dalle mura domestiche. Anche le attività come la raccolta della legna, del trasporto dai boschi su serpeggianti sentieri montani, della fienagione e della cura del bestiame, entrarono a fare parte della loro quotidianità. L’avvicinamento delle donne all’alpinismo, in quest’ottica, a fine 800, è iniziato così. 

Grazie a un prezioso lavoro fatto dalla SAT di Trento possiamo conoscere alcune pioniere dell’alpinismo in Trentino e in Italia. 

Beatrice Tomasson ( 1859- 1947)

Nasce in Inghilterra, cresce in Irlanda. A 25 anni inizia ad avventurarsi sulle montagna intorno a Innsbruck, insieme all’alpinista Edwars Lisle Strutt.
Inizia a dedicarsi all’esplorazione delle Dolomiti, realizzando centinaia di ascensioni, accompagnata dalla guida alpina Michele Bettega.
Il primo luglio 1901, con Bettega e Bortolo Zagonel, sale e conquista la parete Sud della Marmolada.

Secondo me i primi due terzi della salita sono il tratto più difficile che io abbia mai trovato sulle Dolomiti, in quanto richiedono più forza, abilità, costanza e coraggio di qualsiasi altra salita io conosca”.

Negli anni a seguire vanta numerose scalate importanti tra cui: una nuova via sul Campanile Alto, nelle Dolomiti di Brenta, la salita del Crozzon di Brenta, di Cima Tosa, del Campanile Basso passando al versante opposto con la salita dell’Ortles.

Vittorina “Vitty” Frismon (1933-2019)

Socia della sezione SAT di Trento, tra le migliori alpiniste italiane e la più forte alpinista trentina.
Frismon è un esempio di coraggio e indipendenza: in un’epoca e in una società che non le permetteva di seguire le proprie passioni e il suo vero spirito, lei si è ribellata, facendo valere i suoi sogni e raggiungendo i suoi obiettivi.

Insieme al marito Heinz Steinkötter è tra le prime ad arrampicare su vie di sesto grado. Conquista le vette del Campanile Basso, la Cima Piccola delle Lavaredo, le Cinque Dita. Apre la via Rovereto al Campanile Basso, nel 1963, prima via femminile.

Margherita “Rita” Graffer (1911-1995)

Giorgio, Paolo e Renzo: con dei fratelli così il suo avvicinamento alla roccia inizia fin da bambina, nei dintorni di casa, sul Doss Trento.
Si sposta poi nelle Dolomiti di Brenta, aprendo nuove vie, come quella sulla parete est del Crozzon di Brenta, di quarto grado, fino al Campanile Basso, sul famoso Spigolo Graffer.

Le sue imprese sono straordinarie: nel 1934 conquista, da prima di cordata, la via Preuss, portando in vetta il fratello Paolo. Una salita così epica che perfino Tita Piaz, detta il “ Diavolo delle Dolomiti”, la elogia e le dedica uno spazio nel suo libro “ A tu per tu con le corde”.
Purtroppo si è persa traccia di molte delle sue attività, che si sono concluse dopo la morte del fratello Giorgio, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Anna “Annetta” Dalsass Stenico (1915-2005)

Per vent’anni si è dedicata al volontariato presso l’Archivio storico della SAT, contribuendo non solo nell’organizzazione ma anche con importanti testimonianze.
È tra le prime a raggiungere le cime tramite le vie più difficili, come nel 1942, quando effettua la prima salita femminile della diretta alla Paganella, e negli anni successivi affonda con tranquillità vie di quinto grado.


Ha arrampicato con alcuni degli alpinisti italiani più forti, come Ettore Castiglioni e Marino Stenico, suo marito, con il quale si dedicherà alla storia dell’alpinismo, arrivando a dedicare una monografia al Campanile Basso. L’amore per la montagna la porterà anche a gestire il Rifugio Peller, nelle Dolomiti di Brenta.

“Finalmente il 16 giugno 1943 con Marino ho fatto la “Via Preuss”, è stata una grande gioia per me. Certo che quel giorno che ho visto Emilio Comici salire la “Preuss” non avrei mai pensato che pochi anni dopo avrei percorso la stessa via”. 

Dopo la scomparsa del marito si dedica a salvare centinaia di documenti, preziosissimi per l’Archivio storico, e, negli anni 80, con Quirino Bezzi e Bruno Angelini, fonda il Museo della SAT: decide di regalare una collezioni di chiodi di roccia, collezionati dal marito durante le sue ascese, per ricordane la storia.

Nella Cristian Detassis (1909-2002)

Triestina e agonista in vari sport, tra cui nuoto e sci. Sarà infatti la prima italiana a diventare maestra di sci e sarà la riserva nella nazionale, in cui si contavano solo cinque atlete, alle Olimpiadi del 1963, a Garmisch. 

Moglie di Bruno Detassis, con cui scopre l’arrampicata e con cui si trasferisce a Madonna di Campiglio, lavorando nella direzione della scuola di sci. Nel 1949 si occupano della gestione del Rifugio Brentei: è lei a occuparsi dell’ospitalità e dell’accoglienza, mentre il marito lavora come guida alpina. Lei lo accompagna in alcune delle sue imprese, come ad esempio l’apertura della via sulla Corna Rossa, nelle Dolomiti di Brenta.

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