Il Monviso come stella polare

Mi chiamo Caterina, tra poco avrò 35 anni. Nata in Francia e cresciuta in alta Valle Susa, sono arrivata in valle Po una quindicina d’anni fa, seguendo i miei genitori nel ritorno alle origini dopo una vita di lavoro sulle montagne olimpiche. Ai piedi del Monviso, ho scoperto una montagna del tutto nuova, lontana dal turismo dei grandi numeri, molto diversa da quella a cui ero abituata.

I primi mesi ho faticato davvero a inquadrare la situazione. Mai e poi mai al primo approccio con i miei coetanei avrei mai pensato di sentirmi chiedere: “Ma sei di qui, o non sei di qui?”

Mi pareva un salto indietro nel tempo. D’altro canto, comprese le regole del gioco, ho iniziato a utilizzare il cognome di mia nonna (il più diffuso in paese) come passe partout, pur di iniziare a socializzare un po’.
Fortunatamente nel giro di pochi mesi, grazie a Napo (il mio meticcio infaticabile) e alla mia passione per l’escursionismo, ho iniziato a familiarizzare con questa nuova dimensione, fino a innamorarmene follemente.


Il Monviso che domina la valle ti stupisce sbucando tra boschi e baite quando meno te lo aspetti, ma se devi fotografarlo o attendi ospiti, stai pur certo che si nasconderà tra le nuvole. La conquista della vetta è diventata un appuntamento annuale vissuto ogni volta con uno spiriti diverso: a volte più attento alla prestazione atletica, altre al significato della salita e della compagnia.

Unendo questo nuovo grande amore con la mia viscerale passione per la scrittura e la ricerca, mi sono ritrovata quasi per caso coinvolta nella prima grande ricerca monografica sulle Guide del Monviso.

E così è arrivato nelle librerie “Pastori di Montagne – storia delle Guide Alpine del Monviso”: 300 pagine di soddisfazione e fatica, condivise con i mostri sacri della mia nuova valle.

Poco dopo, con “Valligiani al fronte” ho avuto l’onore di raccontare le vicende dei miei bisnonni durante la grande guerra attraverso le centinaia di lettere perfettamente conservate nella mia nuova casa: lui al fronte, lei improvvisamente al comando dell’osteria di famiglia. Una storia d’amore e di emancipazione che rinsalda inorgoglisce le mie origini.

Nel frattempo, dopo la laurea in Giurisprudenza, ho iniziato a lavorare su progetti di sviluppo territoriale e mi sono sposata con Alberto. Lui proviene da un paese all’imbocco della valle, ma ama la montagna e ha accettato di buon grado di risalire un po’. Lui è apicoltore biologico e così la montagna, da semplice passione condivisa, diventa ben presto lo scenario caratterizzante anche del suo lavoro. Ogni giorno cerchiamo di crescere e crescerci a vicenda attraverso lo scambio di visioni e bagagli culturali diversi.

La nostra ultima avventura è nata durante il lock down pre natalizio quando, per riempire le lunghissime serate di isolamento, abbiamo deciso di produrre piccole candeline a forma di stella con la sua cera d’api biologica, da donare a tutti i nostri amici-clienti e conoscenti in segno di vicinanza ideale, in un periodo segnato da particolare distacco. Per rimanere in contatto con le nostre stelline e avere un riscontro dell’iniziativa abbiamo proposto ai destinatari del dono di inviarci una foto con la candelina, contestualizzata a piacimento per immortalare un momento o promuovere un luogo. Dopo una partenza in sordina, l’iniziativa è decollata, con 350 stelline distribuite e oltre 200 fotografie ricevute entro la mezzanotte dell’Epifania.

Collage finalisti

Ora siamo alla fase più difficile: il pubblico vuole i vincitori entro la fine del mese. Per noi è troppo difficile, vorremmo che vincessero tutti; fortunatamente siamo supportati da una giuria composta da amici-esperti in vari ambiti.
Ancora una volta, la montagna ci ha illuminati, con un pensiero di Rigoni Stern che sembra scritto per noi:

“Le api sono insieme, non individui. Fuori dalla comunità non possono vivere”. Come le tessere di un grande collage, come tutti noi.

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