Montagna e cambiamenti climatici, che succede?

Torna l’estate, tornano ad alzarsi le temperature e vengono registrati, ormai da anni, nuovi record e fenomeni climatici estremi come alluvioni, siccità, grandine grande come palline da tennis, trombe d’aria in posti in cui il clima non è (era) tropicale ecc ecc. 

Torna quindi in auge ciò che durante l’inverno avevamo spinto sotto il tappeto come qualcosa da negare e ignorare, e in quell’angolino della nostra mente su cui c’è il post-it con scritto: “me ne occupo appena ho tempo”… Ed eccoci qui, torniamo tutti a parlare di “surriscaldamento globale e cambiamenti climatici” e dei loro effetti sul clima impazzito che in estate si mostra, e viene percepito, con più forza. 

Per quanto riguarda l’ambiente montano, ciò che salta più agli occhi è l’innegabile riduzione delle precipitazioni nevose in autunno ed inverno che causa una diretta e netta riduzione del manto nevoso e della protezione che questo dà ai ghiacciai. Nell’arco degli ultimi due secoli, infatti, l’aumento della temperatura a livello globale, l’innalzamento della quota neve e le scarse precipitazioni in quota hanno causato un significativo ritiro dei ghiacciai, con una riduzione del 70% della loro massa.

Da Rio 1992, il Summit ONU sul clima, sono passati ben 30 anni, ma le azioni intraprese dai singoli stati nell’adottare i principi della dichiarazione d’intenti (in generale misure per favorire uno sviluppo sostenibile, un consumo più responsabile e la riduzione delle emissioni) sono state piuttosto blande. Ad oggi le parole di Greta Thunberg “There’s no planet B” (non c’è un pianeta B) e “I want you to act like your house is on fire” (agite come se casa vostra andasse a fuoco) rivolte alla comunità internazionale, affinché agisse contro i cambiamenti climatici in maniera efficace ed immediata, dall’alto e con azioni concrete, sono andate perse e gli effetti di questo lungo immobilismo sono tutti i giorni sotto i nostri occhi. L’Italia, per raggiungere nel 2050 gli obiettivi relativi al clima, dovrebbe raddoppiare da subito gli investimenti nell’eco-friendly e adottare policy ambientali ad hoc.

Tornando all’ambito montano, in questi giorni il dibattito sui cambiamenti climatici e la sicurezza in montagna è acceso e molto sentito, soprattutto dopo la tragedia del 3 luglio in Marmolada, un feroce esempio di cosa gli squilibri climatici stiano causando anche nell’arco alpino. 

A detta di esperti come Fabrizio Pina, guida alpina da 15 anni e Vice Presidente del Collegio Nazionale delle Guide Alpina Italiane, in questi giorni si registrano temperature in quota che solitamente si presentano a fine agosto/inizio settembre.

Sempre Pina, in un articolo di Vanity Fair ha dichiarato: “Un crollo del genere secondo me non era prevedibile. Ci sono altri ghiacciai che sono monitorati, e non ci si va, ma questo no”. L’esperta guida alpina ha poi aggiunto che, anche secondo il meteorologo e climatologo Luca Mercalli, la Marmolada non era un ghiacciaio da cui ci si poteva aspettare un crollo di queste dimensioni e impatto. 

Rimane il fatto che la sicurezza in montagna è sempre relativa, i consigli rimangono quelli di sempre, ribaditi da Pina: “Le condizioni metereologiche, le valutazioni sulla via, se si procede sul ghiaccio lo scivolamento, la presenza dei crepacci e quanto sono solidi i ponti di ghiaccio, le tempistiche, le condizioni fisiche e psicologiche delle persone che accompagno…”

Si parla, soprattutto per questa estate, anche di spostare le attività in bassa quota dedicandosi ad escursioni ed arrampicate. Questo è uno dei temi caldi del momento che vede opposte fazioni tra chi vuole limitare l’accesso ai ghiacciai e chi invece non vuole fare di tutta l’erba un fascio.

 I cambiamenti climatici sono una realtà innegabile che ha effetti evidenti, microscopici e mastodontici, sulla nostra quotidianità. Ciò che possiamo fare è smetterla di pensare che “il mio contributo è nullo”. Piccoli gesti e scelte moltiplicati per milioni e miliardi di individui portano dei benefici: si può adottare uno stile di vita più sostenibile, anche con piccole azioni. Si può, ad esempio, consumare meno carne e optare per carne da allevamenti non intensivi,  ridurre gli sprechi d’acqua, usare meno l’auto e scegliere la mobilità sostenibile, selezionare per quanto possibile prodotti a km0,  prodotti senza packaging o con packaging da fonti sostenibili/riciclati, smettere di comprare bottiglie d’acqua di plastica (si può optare per il vetro e per la formula del vuoto a rendere) e usare le splendide, colorate e termiche borracce ormai in vendita ovunque. In generale, se vogliamo contribuire anche minimamente alla lotta ai cambiamenti climatici, possiamo decidere di fare nostro il mantra recycle-reuse-reduce (ricicla, riusa il riusabile, riduci i consumi), per noi stessi, per l’ambiente in cui viviamo e per le generazioni future a cui abbiamo il dovere di consegnare un pianeta sano, forte che le accolga e protegga.

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