Il mio TOR30 dedicato a tutte le donne in corsa verso sè stesse

Ho cominciato a correre per non smettere mai più di stupirmi

Non amo correre, non mi è mai piaciuto, e non sono un’atleta, né lo sono mai stata. E allora perché ho appena concluso il mio primo TOR30? perché la montagna mi piace e anche correrci insieme. Ripensando all’esperienza della gara mi sono venute alla mente le parole “meraviglia” e gratitudine (per i paesaggi che mi hanno accolta, per l’esperienza tutta della gara, per chi mi ha sostenuta, e per me stessa).

Ho ripensato alle parole di Aristotele (“Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia”), a quelle dello psicologo Winnicott quando spiega come “la capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della creatività”; per finire poi con la suggestiva frase di un più recente scrittore quando afferma che “gli scienziati dicono che siamo fatti di atomi, ma un albero mi ha sussurrato che siamo fatti di sogni, un’onda mi ha detto che siamo fatti di viaggi, un bambino che gioca con le fate mi ha raccontato che siamo fatti di meraviglia”. 

Meno di un anno fa, in dubbio se rientrare a Parigi o fermarmi in Valle d’Aosta, in considerazione della pandemia, ho chiesto risposta alla montagna che più amo, spartiacque tra la mia vita francese e quella italiana. E proprio osservando il Monte Bianco mi sono lanciata in questa sfida: sognare di partecipare al TOR30 e aumentarne la partecipazione femminile.

Il vero significato era trovare del tempo per me (incastrando tre figli con un lavoro da libera professionista tra l’Italia e la Francia e l’impegno in una associazione di donne), del tempo rubato ai miei vari ruoli. Del tempo in cui poter meditare, lasciando scorrere i pensieri. Del tempo fecondo e leggero, in cui ritrovare la parte più autentica di me, vulnerabile e coraggiosa insieme. Del tempo accompagnato dal silenzio, dove l’imperativo della parola, strumento del mio lavoro come psicologa, lasciasse umilmente spazio alla sapienza del corpo. E questo tempo, faticosamente conquistato, ho scelto di dedicarlo a conoscere la montagna (e me stessa!) correndoci insieme, per sentire dove poter arrivare, e come, prima ancora di capirlo, e saperlo.

In questa sfida ho incontrato un prezioso alleato, il Ferrino Women Team, desideroso di condividere i miei stessi valori sostenendomi nel raggiungere l’obiettivo di aumentare il numero di “donne normali” iscritte a questo genere di gare. Donne che lavorano, che sono mamme, che sono preoccupate o indaffarate, che non si sentono in forma o che pensano “io non ce la farò mai!”, ma che un giorno, invece, potrebbero provare lo stesso stupore che ho provato io arrivando entusiasta e stremata al traguardo di Courmayeur. Uno stupore che è stato presupposto di ragionamento e capacità creativa, mostrando come emozione e cognizione siano strettamente legate e come “fare cose nuove” e provare gratitudine siano fattori protettivo contro il distress psicologico. 

Quando mi chiedono perché corro in montagna rispondo che è il mio gesto per coltivare meraviglia e gratitudine. Quando mi chiedono invece quale è il mio obiettivo rispondo che è quello di coinvolgere quante più donne possibili in questa corsa verso se stesse.

Chi è Sara Sesia?

Psicologa e mamma, collaboratrice de La Domenica (Il Sole 24 ORE), molto impegnata nell’associazionismo, con il lavoro che la divide tra la Valle d’Aosta e Parigi. 

www.di-re.org 

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