Mi chiamo Cristina, in arte “Pesce rosso”. Sono un’artista e mi definiscono una donna di montagna. Amo la mia terra, e ancor di più l’Etna. Ma credo che i miei disegni lascino trasparire questo sentimento molto più delle mie parole.

I catanesi crescono tra due orizzonti: una sagoma rocciosa di forma triangolare imperfetta, e una linea blu opposta a questa. Due realtà tanto differenti, quanto meravigliose. Che fortuna averle entrambe nella stessa terra! Si può benissimo fare un giro in montagna la mattina presto, e se è estate, perché no, concludere la giornata con un tuffo in acqua. Robe quasi fantascientifiche.

Certo, difficile che accada. Ma c’è gente che davvero lo fa, seppur raramente. Se cresci tra due orizzonti così, è probabile che un po’ li perdi. Mi spiego meglio: sei talmente abituato a vederli lì davanti a te, che quasi quasi non ci fai nemmeno caso. Almeno per me era così. Questi orizzonti acquisiscono davvero significato quando vai via, e ti ritrovi solo palazzi intorno; oppure, quando hai genitori che hanno già imparato ad amarli. O l’uno o l’altro orizzonte, o tutti e due. Se non ti ritrovi questo tipo di genitori qui, puoi avere la fortuna di incontrare qualcuno che ti insegni questo sentimento. Amicizie o amori, non importa.

Se sei siciliano prima o poi, accade. Senza ma, se o forse. Accade e basta.

Etna: tanta roba! Perché quel triangolo imperfetto lì, non è una semplice montagna. Ne ha tutte le caratteristiche, sicuramente. Ma è quando, all’improvviso, una notte, la vedi accendere di rosso da qualche parte, che ne prendi davvero atto.

Ti ricordi che è qualcosa di più: un vulcano. Tenti allora di rimembrare qualche sporadica nozione scientifica elementare, rispolverando mentalmente la tua infanzia scolastica. Metti insieme due, tre pensieri e arrivi alla soluzione: vulcano = lava. Che spettacolo quelle rosse attività stromboliane, che non esigono alcun biglietto!

NordEst salita piano provenzana

Etna, mamma Etna. Per molti di noi è questo. La nostra mamma. Porta con sé così tanta bellezza che non può esser altrimenti. “Ogni figghiu è beddu a mamma so” (ogni figlio è bello agli occhi della propria madre), e viceversa. Per ogni figlio, la propria mamma è la più bella del mondo.

Se sei siciliano, sai che l’Etna è parte di te.

Vederla da lontano, all’alba, al tramonto, illuminata dalla luna piena, con la neve o senza: sprigiona fascino. Un’attrazione che non si comprende bene fino in fondo, fin quando non la si vive in prima persona. Non mi riferisco alle classiche grigliate delle domeniche soleggiate.

Viverla, infatti, è un’altra cosa. È imparare a camminare sulla sua terra nera e ad avvertirne il calore; vedere volpi che qualche volta ti spiano e le poiane in volo giocare col vento; è vedere la ginestra e il pino trovare terreno fertile nel bel mezzo del deserto lavico, a mo’ di sfida con la vita stessa.

In quel momento, la si può solo amare. Io l’ho amata così. L’ho amata per la prima volta una sera di neve, con la luna piena. Ho pianto come una sciocca per i brividi. Da lì in poi, tutta discesa libera. La suola dei miei scarponcini lo dimostra.

“Ma come fai ad essere così? È come se ogni volta che ci mettessi piede, la vedessi per la prima volta! Ti brillano gli occhi! Ridi, corri, salti”.

Eh, come faccio. So solo che se non metto piede lassù dopo un po’, o non la disegno, do i numeri. Ma le persone di montagna lo sanno, mi possono capire. Qui non abbiamo altezze vertiginose, o strati di ghiaccio sotto i ramponi, dallo spessore considerevole. Ma vi assicuro che quei 3329 metri d’altezza, una volta che arrivi su, sopra uno dei crateri, dopo ore di cammino, le parole te le fanno mancare lo stesso. E non è solo per la diminuzione dell’ossigeno.

Monte Gemellaro

Ma come si fa a spiegare tutto questo a chi non ha mai visto il cuore della terra che pulsa? Come lo spieghi il suono che emette il respiro di quella belva degna dell’inferno dantesco? Come?

Quando sei lì, non te lo spieghi nemmeno tu. Vieni totalmente rapito dalla visione di quel rosso vivo, che pensi non sia pari a nessuna cromia vista fino ad ora. Guardi, immobile. Non con terrore, ma con magnetismo. Come ipnotizzato dal movimento di quei lapilli che saltano in aria. Sei di fronte ad un miracolo! E tu sei lì, un essere umano minuscolo che sta assistendo a tutto questo.

Certo, i dubbi su questo amore non mancano eh. Come ogni relazione.
Quando devi evacuare casa per un “allarme colata lavica”, dopo che le gru e le piccole esplosioni, nel tentativo di far virare percorso al fiume incandescente, non son servite a granché, e l’ultima carta da giocare rimane “u velu ra Santuzza” (il velo di Sant’Agata), due domande te le fai.

O quando un terremoto fa venire giù qualche parete di casa tua, e passi la notte dentro la macchina, in strada, per paura che tutto ti crolli definitivamente sopra. Beh, chi non avrebbe qualche ripensamento? Quando un siciliano si adira con l’Etna e quasi la maledice, per quanto comprensibile possa essere, ferisce.

Fa male perché è evidente che il suo cuore è troppo offuscato dal dolore di quel momento, per riuscire a cogliere la bellezza dell’esistenza di questo vulcano. È come se avesse dimenticato l’amore per la propria terra, e anche la sua storia. Quando ero piccola, mia madre mi diceva sempre:” Catania è stata ricostruita 7 volte!”. Non so se il numero sia esatto, ma rimane vero il fatto in sé. Catania è stata realmente ricostruita più volte.

Vista Monte Primo

Con le problematiche che l’Etna ha molto spesso manifestato, la città avrebbe potuto benissimo svuotarsi e non ripopolarsi più, in beffa a tutti i vantaggi economici che la vicinanza del mare poteva offrire nel corso dei secoli. Eppure, eccoci qui, ed eccomi qui a scrivere, e a sorseggiare una tazza di thè, guardando il vulcano dalla finestra della mia cucina.

La forza dell’Etna intacca la nostra quotidianità spesso e volentieri, inevitabilmente. Ma questo oscura totalmente la sua azione benevola: il ripascimento dell’atmosfera e dell’idrosfera, la genesi della crosta terrestre, la creazione di paesaggi formidabili. Quello che appare come un lento fiume di distruzione, nasconde anche ben altro. Il magma è azione, è vita, ed in essa si cela dunque il principio stesso della genesi, e cioè ciclo vitale. Morte e vita sono facce della stessa medaglia, e in natura tutto insegna questo.

Se quest’ultima non avesse avuto alcun bisogno dell’esistenza dei vulcani, non ci sarebbero stati. In quanto forza, tenacia e pazienza, forse dovremmo prendere esempio dai pini e dalle ginestre che nascono nella terra lavica.

La volpe sull’Etna

Quando un siciliano insulta l’Etna, ferisce. Così come quando la inquina, sparpagliando i suoi rifiuti ovunque, o nascondendoli in punti remoti, come le grotte.  Ma vi assicuro che certe frasi come “Forza Etna! Esplodi e affonda la Sicilia e tutti quei terroni”, non sono da meno.

Trovo assurdo come il razzismo, in ogni sua forma, possa ancora esistere e persistere nel 2019, e ancor di più nella mia generazione e in quelle nuove. E questo non è per nulla giustificabile.