Alcuni limiti non sono reali, sono solo negli occhi di chi ci guarda.
Nicolle Boroni è la donna di montagna protagonista di questo racconto, una donna coraggiosa che a soli 4 anni ha visto cambiare la sua vita. A causa di un incidente domestico infatti ha perso parte del suo braccio destro ma questo non l’ha scoraggiata. Non ha guardato in faccia nessuno, si è fatta coraggio e ha imparato ad affrontare la vita con un sorriso grintoso! La sua passione per la montagna, per lo sci, per l’arrampicata l’ha sempre motivata e spinta oltre i suoi limiti; Nicolle non ha ascoltato nessuno, solo quella sua vocina interiore che le diceva “Puoi spendere minuti, ore, giorni, settimane o persino mesi ad analizzare una situazione, cercando di mettere insieme i pezzi… giustificando cosa sarebbe potuto accadere o cosa sarebbe stato giusto che accadesse. Oppure puoi semplicemente lasciare i pezzi sul pavimento ed andare fottutamente avanti!”
Nicolle, questo è quello che hai fatto tu; sei “fottutamente andata avanti”. Che ruolo ha avuto la montagna in questo?
Sicuramente fondamentale! Vivere in Trentino, tra le Dolomiti di Brenta, mi ha permesso e mi permette tutt’ora di continuare a spingermi oltre i miei limiti. Gli sport che si possono fare in montagna sono molteplici, sia l’estate che l’inverno. La possibilità di praticarli all’aria aperta, circondati da paesaggi mozzafiato è ancora più stimolante. Fortunatamente sono anche accerchiata da amici e amiche che adorano fare sport e ne fanno di ogni tipo. Ovviamente lo sci alpino va per la maggiore. Appena ho iniziato a camminare i miei genitori mi hanno messo sugli sci. Me ne sono subito innamorata. Qualche tempo dopo ho avuto l’incidente e ho dovuto smettere per un periodo. Appena uscita dall’ospedale ho voluto subito tornare in pista, così, con una racchetta sola ho ripreso a sciare. Nel frattempo al centro protesi di Budrio mi stavano preparando una protesi mioelettrica. Tutto sembrava tornato quasi come prima. Un mix di emozioni, dove la paura la faceva da padrona, però mi teneva ferma in una zona di comfort.
Fino a quando la mia allora allenatrice Chiara mi disse “o ti iscrivi alla gara o puoi non venire più agli allenamenti”. Non poteva darmi scossa più forte, non avrei rinunciato allo sci per nulla al mondo. Feci la mia prima gara a Bolbeno: secondo posto, da lì ho capito che non c’era cosa che non potessi fare o sfida che non potessi vincere.
Ho continuato a gareggiare con buoni risultati fino all’ultimo anno allieve. Poi ci sono stati poi i corsi di sci di fondo, la pallavolo, ho fatto rafting, mountain bike, ogni volta che riuscivo a fare uno sport dove tendenzialmente servono due mani mi sentivo invincibile. Era una droga, ogni volta volevo fare di più, fare meglio. Forse tutto questo non sarebbe stato possibile se fossi nata in città ad esempio.
Ad oggi quindi posso dire: grazie montagna, mi hai salvata!
Perché hai deciso di dedicarti all’arrampicata?
Quando ho iniziato le superiori ho fatto un anno di ragioneria, poi, viste le numerose assenze per fare gare ed allenamenti ho deciso, finito il primo anno, di cambiare indirizzo scolastico. Sono andata con i miei genitori ad informarmi per frequentare un’altra scuola con un’identità più sportiva. Piena di buoni propositi e con la voglia di continuare a vivere la passione per lo sci.
Chi mi fece il colloquio, dopo avergli fatto notare che ero senza la mano destra mi disse: “Tu puoi anche iscriverti a questo indirizzo, ma al terzo anno ti dovremmo bocciare perché non puoi fare l’arrampicata”
Ovviamente a 16 anni l’ultima cosa di cui hai bisogno è di una persona che ti demotivi.
Per giorni i miei genitori hanno cercato di convincermi a tornare a parlare con la scuola e trovare una soluzione, ma la testardaggine che in molti casi mi è servita per spingermi oltre, in questo caso mi ha penalizzata facendomi rimanere ferma sull’idea che non avrei mai più voluto seguire quell’indirizzo.
Ho continuato gli studi ad Arco. Un giorno le mie amiche mi chiesero di andare ad arrampicare con loro e mi dissi “perché no?!” Ad oggi vorrei dire a quel professore che i miei limiti me li decido io. Alcuni limiti non sono reali, sono solo negli occhi di chi ci guarda. Dobbiamo smetterla! Dobbiamo fermarci prima di diventare ciò che gli altri si aspettano che siamo. È nostra responsabilità darci la forma che vogliamo, liberarci da un po’ di scuse e di diventare chi vogliamo essere.
Non c’è nulla che non possa essere fatto, basta che ognuno trovi il proprio modo per farlo. Io mi aggrappo alla roccia con un monchetto, altri con un dito solo, altri ancora con una gamba. Sta solo a noi trovare il modo giusto per noi stessi. Se mi fossi fatta fermare non mi sarei buttata, avrei pensato che quelli fossero i miei limiti. Invece ho immaginato e ci ho provato e adesso sono felice, sono smoderatamente felice! Ed è una gioia per me raccontarla questa mia felicità!
Pensi che la disabilità in montagna sia un limite o anzi un’opportunità per viverla in modo assolutamente diverso?
Assolutamente un’opportunità per viverla in modo completamente diverso e innovativo!
Quali pregiudizi ci sono attorno al tema della disabilità e gli sport di montagna (se ci sono?)
Credo nessuno. Al giorno d’oggi con la tecnologia che avanza e la volontà di tante persone di aiutare il prossimo si fanno delle cose incredibili. Penso che a differenza di un ambiente urbano, la montagna presenta degli ostacoli naturali che non fanno distinzioni tra persone abili o disabili. Ci sono limiti e barriere che costringono qualsiasi persona a mettersi in gioco, a sviluppare una grande forza morale e di volontà. Cercare modi propri di affrontarli e superarli e spesso in questo le persone con disabilità hanno molta fantasia, pensando spesso a soluzioni “unconventional”!
Cosa ti senti di dire alle donne che stanno cercando di affrontare un momento difficile?
Credo che ognuna di noi prima o poi nella vita abbia un momento complicato, per un motivo o per l’altro. Ma sono più che sicura che tutte noi abbiamo dentro un’inaspettata riserva di forza che emerge quando la vita ci mette alla prova. Non fermatevi. Non lasciatevi fermare soprattutto! Scegliete di essere voi ogni giorno, con le debolezze, i difetti e le paure che vi appartengono. Guardatevi allo specchio ogni mattina e fatevi un sorriso, siete bellissime e tremendamente forti! Io ci ho messo 22 anni per imparare ad amarmi, ad amare il mio corpo senza un pezzo. Ma ora che ho accolto questa mia diversità, mi sento più ricca.
Nessuno può tornare indietro e ricominciare da capo, ma chiunque di noi può andare avanti e decidere il proprio finale.
Tutto ciò che non ci uccide ci rende più forti. Io Le grandi personalità io le ho trovate in chi ha sofferto ed ha trasformato il dolore in sensibilità. Vorrei approfittarne per ringraziare i miei genitori e mio fratello che mi hanno sempre spinto oltre, senza mai privarmi di provare qualcosa. I miei nonni, gli zii e i cugini che ci son sempre stati, i miei amici senza i quali probabilmente non sarei mai andata avanti, i miei allenatori i miei colleghi e il mio direttore Matteo, che forse inconsciamente mi ha dato una bella spinta! Senza tutti loro probabilmente oggi non sarei io. Grazie!