Silvia Loreggian

Silvia Loreggian, aspirante guida alpina, forte arrampicatrice. Padovane di origine, in questo periodo è ad Alleghe. 

Quando nasce la tua passione per la montagna?

E’ una passione che ho sin dall’infanzia, grazie alla famiglia che me l’ha fatta conoscere e apprezzare. Ho poi deciso di farla mia nei primi anni delle superiori, scoprendo un pò alla volta nella montagna quel luogo in cui mi sentivo sempre bene e in pace col mondo. E trovando una passione nell’arrampicata e nello sci alpinismo. 

Ti sei dedicata all’arrampicata in modo esclusivo a 20 anni. 

Intorno ai 20 ho voluto provare ad immergermi nell’arrampicata in modo più serio, ho rinunciato a tutti gli altri hobby e occupazioni che avevo nel tempo libero per farlo e in breve arrampicare è diventata una droga: più arrampicavo e più volevo farlo, più vedevo progressi e più volevo migliorarmi.

Che vie importanti hai ripetuto? La tua via del cuore? 

Ho scalato moltissimo in Dolomiti e sul massiccio del Monte Bianco. Alcuni nomi dalle nostre parti, che magari suonano meglio: Tempi Moderni e La via attraverso il pesce in Marmolada, Rondò Veneziano in Torre Venezia, Cassin in Torre Trieste, Casarotto-Radin sullo Spiz di Lagunaz, Il canto del cigno in Vallaccia, Hasse-Brandler sulla Cima Grande di Lavaredo. 

La via del cuore forse è in Bianco invece, sul Grand Capucin e si chiama “Echo des Alpages”. Mentre l’esperienza di via più completa e importante per me è la Supercanaleta sul Fitz Roy, in Patagonia. Anche se è difficile parlare di via del cuore, dovrei fare diverse categorie tipo via su granito, via su calcare, roccia migliore, giornata migliore.. Insomma, una via racchiude così tanti aspetti diversi che è difficile sceglierne una su tutte.

Silvia Loreggian

Hai mollato il lavoro di agente viaggi (hai lavorato nel turismo), nel 2016 per partire per una spedizione in Patagonia con un biglietto di sola andata? 

Sì, terminati gli studi sul turismo mi è sembrato logico cominciare a lavorare in questo settore ma presto mi son resa conto che soffrivo a restare chiusa in ufficio in città dalla mattina alla sera e complici una serie di fattori che in quel momento combaciarono, mollai il lavoro di agente di viaggi e decisi di partire per una spedizione in Patagonia, dove avrei arrampicato per tre mesi e poi continuato a viaggiare fintantoché non mi sarei decisa su come far girare il mio futuro. La decisione poi di diventare guida non è proprio caduta dal cielo durante un viaggio dall’altro lato del mondo, ma è stato un percorso un pò più complesso..!

Anche il tuo ragazzo, Stefano, è guida alpina, quanto è stato importante il suo supporto? 

Il suo supporto per me è stato fondamentale, non tanto perché anche lui è guida ma perché è il mio compagno non solo di vita ma anche di cordata ed abbiamo vissuto insieme moltissime esperienze alpinistiche. Lui me le fa amare e ha permesso di rendermi conto di quanto valgo in questo campo.

Poi ti sei trasferita a Chamonix, come è andata la stagione a Chamonix, facevi la cameriera la sera e di giorno in montagna..

Mi sono trasferita a Chamonix proprio perché volevo vivere la dimensione alpinistica a fondo e posso dire di aver trovato quello che cercavo. Non è stato facilissimo perché ho trascorso un anno a lavorare dalle 5 di pomeriggio all’una di notte (se andava bene) e la mattina successiva in piedi alle 6/7 per prendere la prima funivia, sci ai piedi o scarpette e ferri nello zaino. Però proprio il fatto di averlo voluto fare mi ha fatto capire una volta di più quanto ci tenessi a vivermi le montagne come volevo io. Ad esser sincera, l’aspetto di Chamonix che per me è stato più difficile non è la “distruzione” fisica, ma il contesto esasperatamente competitivo che lo caratterizza e passarci in mezzo volendo semplicemente vivere il tuo, senza lasciarti influenzare, non è facile. 

Poi sei tornata in Italia, e hai iniziato i corsi per diventare guida in Trentino, hai avuto difficoltà o è andato tutto liscio? 

Il corso è andato molto bene. Ho avuto certo le mie difficoltà, ma niente di più di quello che mi aspettavo. L’aspetto di cui probabilmente non puoi avere bene misura prima è il livello di stress e pressione a cui sei sottoposto, soprattutto durante la stagione invernale, perché è un continuo susseguirsi di corsi di formazione ed esami, su discipline diverse, per cui devi essere sempre super allenato su tutto e pensare a scompartimenti per non farti scoraggiare dal pensiero “non ce la farò mai a fare tutto”!

Sei una forte arrampicatrice (in montagna ha affrontato vie fino al nono grado), come è stato affrontare la parte dello sci? Tu sei un’autodidatta… 

La parte dello sci è stata la più impegnativa perché essendo appunto autodidatta ho sviluppato e radicato negli anni molti errori tecnici che ora è difficile correggere. Non ho avuto alcun problema con lo sci alpinismo o lo sci ripido perché ho comunque sempre sciato su tutti i tipi di nevi e terreni diversi. E’ stato difficile invece raggiungere un livello discreto per gli esami specifici di tecnica di sci. Lo sci, purtroppo, non è uno sport in cui migliori semplicemente con l’allenamento (come può essere l’arrampicata), è estremamente tecnico e richiede una correzione del gesto continua, che arrivi ad assimilare dopo ore e ore di esercizio, dilatate nel tempo. Io ho dovuto dedicarci moltissimo tempo nonché soldi per essere aiutata da un professionista. 

A dicembre del 2019 hai potuto iniziare a lavorare, seppur per poco.. visto questa emergenza sanitaria.. 

Sì, ero super entusiasta della mia prima stagione di lavoro come guida, ma purtroppo non si è rivelata delle migliori. All’inizio non è facile, se non sei già un alpinista famoso, hai bisogno di molto tempo per farti conoscere sia dalle altre guide che possono passarti del lavoro sia dalle persone che invece hanno piacere di muoversi con la guida. In inverno poi il lavoro della guida è strettamente legato alla neve e quest’anno sul più bello che ce n’era tanta è scattata l’emergenza. Ad ogni modo, le cose non sono mai facili si sa, tanto per me quanto per molte altre professioni che con questa situazione si trovano in ginocchio. Un pò alla volta ripartiremo..!

Sei un po’ “Vagabonda”, quali sono i tuoi progetti per il futuro? 

I miei progetti per i prossimi anni sono di lavorare come guida il più possibile durante l’inverno e l’estate in Dolomiti, in primavera nel bacino del lago di Garda e in autunno viaggiare, viaggiare e viaggiare. Le vie che sogno di scalare sono sparpagliate in giro per il mondo e se ho scelto questo lavoro è anche per potermi prendere un periodo lungo di pausa per partire in spedizione. 

Un consiglio che potresti dare ad altre ragazze che inseguono il sogno di fare la guida alpina? 

Alle ragazze dico di non sentirsi inferiori ai ragazzi, certo siamo diverse ma è la nostra ricchezza non la nostra debolezza. Non fingete di fare più di quello che sapete fare, non esasperate la femminilità dove non serve, così come la mascolinità.. Allenatevi tanto, coltivate la passione e siate voi stesse. Se una ragazza lavora tanto sull’allenamento fisico e sul bagaglio di esperienze prima di cominciare i corsi, il percorso sarà bello e pieno di soddisfazioni. Viceversa, non aspettatevi che se avete delle carenze, in quanto donne vi aiuteranno.. Il contrario!

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