Nives Meroi, un’alpinista con l’apostrofo

Nives Meroi_Trento Filmfestival_Gasperini

Si definisce “un’alpinista con l’apostrofo”, quello del genere femminile, che appare come una “bandierina di donna che faccio sventolare lassù”. Una pioniera della montagna al femminile, un’indomita esploratrice che è anche un’appassionata scrittrice e un’icona di fama mondiale.

Si tratta della leggenda vivente Nives Meroi: la seconda donna nella storia (e la prima italiana) ad aver scalato, tra il 1998 e il 2017, tutti i quattordici 8000 del mondo. La Meroi, è anche stata la prima Italiana a salire sulla cima del Nanga Parbat e del K2.

Quest’icona dell’alpinismo mondiale nasce nel 1961 a Bergamo e si trasferisce da bambina in Friuli. Da adolescente, sulle Alpi Giulie, scopre il fascino della montagna e delle scalate e incontra il suo fidato compagno di cordata e poi di vita: Romano Benet.

Dalla loro indissolubile unione nascono molte, incredibili, imprese sportive che Nives descrive e vive all’insegna di un alpinismo diverso, “leggero ed essenziale”.

Questo approccio si traduce, ad esempio, nel non usare ossigeno e scalare senza supporti esterni, come l’aiuto dei portatori.

Ma non si tratta puramente di scelte di natura tecnica, la Meroi si inserisce nel panorama alpinistico come una pioniera del vivere la montagna in una ricerca di armonia con l’ambiente circostante, cercando di sintonizzare il proprio essere con l’esperienza che si sta vivendo, in un’ottica fortemente femminile.

Nives propone, infatti, una visione nuova e dissonante rispetto alla narrazione tradizionale e conflittuale “uomo VS natura”.

L’innovazione sta nel non vivere la montagna come una sfida di conquista, ma come un percorso di arricchimento: “donna + natura”.

Questo approccio femminista o meglio, femminile, si applica anche all’uso del linguaggio.

La vetta da luogo di conquista dell’immaginario alpinistico diventa luogo di “congiunzione con tutto il femminile in natura”.

Si potrebbe forse parlare di alpinismo femminista o di femminismo alpinista, ma sarebbe riduttivo, la Meroi, infatti, parla di un “femminile” che è “natura, forza, luce, aria”, qualcosa di ancestrale che la unisce nel suo essere donna alla montagna e alle sfide che essa le presenta.

Il suo modo di essere donna e alpinista l’ha portata a compiere le proprie imprese con il suo compagno di cordata e di vita Romano Benet. Il loro è un legame che in molti definiscono “da fiaba”, un’unione che fa la differenza, la forza e che alimenta la buona riuscita delle loro imprese. La scalata del Kanghchenjonga nel 2009, la terza vetta più alta del mondo, ben esemplifica la forza del loro legame. Nives stava gareggiando contro il tempo e contro altre due donne per diventare la prima donna la mondo a compiere l’impresa di scalare i quattordici 8000. Nives e il suo compagno stavano per raggiungere la vetta quando Romano si sente male: è insolitamente fiacco e le chiede di proseguire da sola. Nives abbandona l’impresa e resta al fianco del suo compagno che si scoprirà avere una grave malattia. Nel 2014 Romano, ormai guarito, torna al fianco di Nives per riprendere l’impresa degli 8000 da dove l’avevano interrotta, portandola a compimento nel 2017.

L’apostrofo di cui Nives Meroi va fiera, grazie alle sue imprese e alle sue idee, sventola su sempre più vette ispirando un numero crescente di donne a vivere la montagna con rispetto, ripercorrendo le fresche tracce da lei lasciate, alla ricerca dell’equilibrio e dell’armonia tra donna, montagna, natura e avventura che Nives ha raggiunto.

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