Vivere in rifugio o meglio la vita in un rifugio non è così facile e scontata
I problemi gestionali, per quanto fondamentali, non sono gli unici e non sempre sono i più importanti. Nella vita di ogni rifugio ci sono elementi meno visibili, ma da non dimenticare o da sottovalutare, elementi che dall’esterno sono impercettibili. Questi elementi, se non avessero una buona coesione, non darebbero un giusto ritmo alla vita del rifugio o comunque non una vita lineare e semplice.
L’elemento di cui parlo è la famiglia rifugio, non solo la mia come gestore, ma la famiglia “allargata” del rifugio composta da tutti coloro che qui lavorano e ci abitano vivendolo, assieme a me, da mattina a sera.
Non è cosa scontata spartire spazi a volte ristretti per periodi più o meno lunghi, ci vuole tanto spirito d’adattamento, molta volontà, essere pronti ad aiutarsi a condividere e collaborare, ma soprattutto ci vuole molto rispetto delle persone e dell’ambiente nel quale si vive.
Allora si, se tutti riescono anche in modo non perfetto (perché a noi la perfezione non piace, non fa parte della vita a 2283 mt), la famiglia rifugio riesce ad esistere creando un gruppo pronto a darsi una mano l’un con l’altro, indipendentemente dai singoli compiti. Dal lavapiatti al cuoco, dalla ragazzina alla prima esperienza alla cameriera più esperta, perché qui si ognuno ha le sue mansioni ma l’essere pronti ad aiutare gli altri ha un valore inestimabile.
Se quindi questo rispetto non viene a mancare, non sei più un semplice capo (elemento discordante con la filosofia di montagna) ma sei come la mamma di tutti questi “figli” ed il lavoro diventa meno “pesante”, oltre a darti maggiore felicità. Ti accorgi che si creano delle sintonie, delle amicizie delle complicità. Non si pensa dunque più al rifugio solo come luogo di lavoro, ma quasi ad un “rifugio” fuori casa dove vivere per un breve periodo ed essere felici di farlo.
E se c’è unione nella famiglia rifugio, allora la famiglia degli escursionisti che cammina lungo i nostri sentieri e solca la porta entrando in casa nostra, sarà felice di essere accolta con un sorriso dopo una passeggiata, dopo una ferrata o dopo una scalata più o meno lunga o stancante che essa sia.
La montagna deve essere gioia, felicità, euforia ed allora l’impegno della famiglia rifugio deve essere appunto questo: accogliere facendolo con un sorriso perché in primis bisogna essere felici di trovarsi quassù riuscendo poi a trasmettere la bellezza di ciò che ci circonda ed il valore del rispetto per questi luoghi unici.
*Roberta Silva gestisce il rifugio Roda di Vael