COME SI PREPARA UN TRAIL

“E un giorno, senza sperarlo né pianificarlo, divenni la mia medicina”
A. Baldrich. 

Ho corso il mio primo Trail a giugno 2014: Half Trail della Vigolana (35 Km + 2000 m).

Così scrivevo a proposito di questa gara, in uno dei miei racconti:

“Ridendo e scherzando, non ricordo precisamente quando… nei primi mesi dell’anno, mio fratello Valerio mi propone di iscrivermi con lui all’Half Trail della Vigolana. Nemmeno gli rispondo e sorrido. Lui mi dice “è una vita che cammini in montagna, hai l’allenamento della corsa… ce la faresti benissimo!”. Ci rifletto ed accetto la sfida (…) mettermi alla prova da più punti di vista: agonistico, metabolico e “mentale”.”

Io non credevo di farcela a correre un Trail. Io ero una diabetica in fin dei conti, non un’atleta! Il mio limite era tutto nella mia testa… ed era grande: io ero prevalentemente fatta di diabete… tutto il resto veniva dopo o non assumeva importanza.

Il primo Trail è stato “un successo” ed è subito amore per questo sport. Nei due anni seguenti, 2015 e 2016, mi sono limitata però a correre un trail all’anno, sempre quello della Vigolana, anche perché vicino al luogo dove vivo.

Corro, cammino, da anni con costanza dodici mesi all’anno senza interruzioni, prevalentemente da sola perché questo mi consente di fare le mie sperimentazioni rispetto a come integrare e gestire la glicemia soprattutto sulle lunghe distanze in tranquillità, senza vincolare nessun’altro. Talvolta mi aggrego a qualche amico per allenarmi: amo starmene da sola ma apprezzo molto anche la compagnia e lo spirito conviviale dello sport. Non seguo tabelle, ho qualche amico che ogni tanto mi da qualche dritta circa gli allenamenti da fare tra una competizione e l’altra. Mancano allenamenti volti a migliorare le mie performances nonché la tecnica: ripetute, allunghi, variazioni di ritmo… come le vogliamo chiamare, soprattutto perché non so bene come vadano fatte e non mi sono mai rivolta a qualcuno per imparare.

L’anno scorso ho partecipato mediamente ad una competizione al mese, condividendo sul sito Diabete No Limits (Associazione presente a livello nazionale di cui faccio parte in modo attivo e costante) i miei report, attraverso i quali si può evincere com’è andata la gara dal punto di vita emotivo, agonistico e metabolico (glicemie ed integrazioni).

Luisa Campregher

 

Le regole d’oro: costanza e gradualità

L’anno scorso, ho deciso di dedicarmi appieno al Trail, escludendo dal mio calendario mezze maratone o comunque competizioni su asfalto. La parola chiave, oltre a “costanza”, è stata “gradualità”. Quando le persone mi chiedono esterefatte “Come hai fatto a correre 50 Km con 3000 m di dislivello?!” Io spiego che ovviamente si deve procedere per gradi. Anche i bambini iniziano a camminare dopo aver strisciato e gattonato, generalmente. Lo stesso vale per il Trail.  Nel 2017, ho corso la prima competizione a gennaio: Trail del Monte Prealba (BS) 27 Km +1600 m. Da gennaio in poi, ogni mese, ho incrementato distanza e dislivello durante gli allenamenti e nelle competizioni. Ogni settimana ho alternato allenamenti su asfalto per mantenere un po’ di “velocità”, collinari, vertical con l’ausilio dei bastoncini, lunghi lenti nei week end, incrementando appunto gradualmente nel corso dei mesi chilometraggio e dislivello.

Si prepara a tavolino

Prima di ogni gara, memorizzo il percorso che dovrò affrontare. Innanzitutto cerco di tenere a mente l’altimetria per sapere dove mi attende per esempio una salita impegnativa, piuttosto che un tratto corribile oppure una discesa. Per me sapere questo è fondamentale non solo per calibrare lo sforzo ma anche per decidere come integrare: in base al tratto che sto percorrendo posso prevedere se consumerò lipidi piuttosto che glucosio e gestire l’alimentazione prevedendo la conseguente risposta glicemica.

Si memorizzano i punti ristoro

Memorizzo inoltre i punti di ristoro: è fondamentale sapere quando c’è la possibilità di fare scorta d’acqua, mangiare qualcosa di diverso da quello che si ha nello zaino o poter contare di un supporto in caso di necessità. Per quanto concerne le integrazioni durante un’attività di endurance il muscolo utilizza sia lipidi (grassi) sia glucosio (carboidrati=CHO) e in corrispondenza dell’aumento dell’intensità della prestazione, aumenta il fabbisogno di CHO (presenti nelle scorte del nostro organismo, e disponibili quindi per via endogena, e dalle integrazioni apportate durante la prestazione, disponibili per via esogena). E’ consigliato apportare diversi tipi di integrazione (maltodestrine, fruttosio, glucosio…) per utilizzare diverse velocità di transito gastrico e modalità di assorbimento intestinale.

L’alimentazione

In attività prolungate di endurance, le integrazioni dovrebbero essere fatte poco per volta e la letteratura consiglia di apportare integrazioni che vanno da un minimo di 30 g a un massimo di 90 g CHO pro ora, in base al peso dell’atleta (sia esso diabetico piuttosto che soggetto “sano”).
Dunque, oltre alla gradualità, per riuscire a correre un Trail o un Ultra Trail, ho posto particolare attenzione all’alimentazione non solo durante le gare ma quotidianamente e soprattutto nella settimana precedente la gara, idratandomi bene e facendo il carico di carboidrati per favorire l’accumulo di glicogeno epatico e muscolare, riserve fondamentali nelle gare a lunga distanza.Infatti la letteratura medico sportiva evidenzia come la performance di un’attività superiore alle 2 ore sia strettamente connessa alla disponibilità di CHO.

Il primo Ultra Trail

Seguendo questi accorgimenti, ascoltando il mio corpo, rispettando anche i giorni di riposo, talvolta i momenti di maggior affaticamento e stanchezza ed allenandomi senza esagerare, anche per evitare infortuni, sono arrivata a fine maggio, in occasione del mio compleanno, a correre il mio primo Ultra Trail: Orsa Ultra (50 Km +3000m) a Brentino Bellono (VR). In seguito ho fatto anche il Brenta Trail (64 km + 4300 m), con mia grande soddisfazione personale.

 

“Nulla e’ banale per chi non e’ banale. Non c’e’ ripetizione per chi riesce a crescere ogni giorno, per chi non si accontenta di se stesso, e instancabile, ritocca, corregge, amplia, mette a punto, azzarda, scopre. Bisogna essere irrequieti. Bisogna viverlo con un certo fervore il tempo, come fosse tutto utile, tutto buono, tutto necessario. Essere esigenti: con se stesi, con gli altri… tutto e’ ancora possibile…”
(Lidia Ravera)

Info: https://www.facebook.com/StudioCampregher/ 

 

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