DAL CINEMA ALLA PARETE

di Anna Capitanio –

 

Era una sera del 2008. L’appuntamento con alcuni amici per una birretta era al campo base dell’Auditorium e poi via per l’apertura del sipario sui film del giorno. Adoro respirare quell’aria di filmfestival della montagna! Quell’anno Beyond the Summits (Au delà des cimes) ha vinto la Genziana d’oro del CAI per il miglior film di montagna e alpinismo: quella sera andavo a vedere proprio quel film.

La protagonista è Catherine Destivelle, ripresa mentre sale sulle cime del Monte Bianco. Belle le immagini, bello lo spirito di comunione tra gli amanti della montagna, belle le sensazioni tutte. Nel buio della sala, mi sentivo così coinvolta nell’esperienza tattile e arrampicatoria di Destivelle, che più le immagini scorrevano, più mi veniva voglia di arrampicare…

Amo la montagna, non sono una alpinista, ma dal mio livello base la vivo pienamente fino a dissetarmi e rigenerarmi con le sue vibrazioni; e quel giorno la vibrazione emanata da Catherine su quelle pareti era una calamita che mi attirava verso il mondo verticale. Dovevo provare ad arrampicare. E l’ho fatto! Grazie ad un amico che, con pazienza e determinazione, mi ha accompagnata a muovere i primi passi sulla roccia, ho provato ad esplorare quel mondo così affascinante e fino ad allora così irraggiungibile, e mi sono ritrovata anch’io con le mani sporche di magnesite!

Nel mio film, però, mi vedevo salire agile e leggera, mentre la realtà era ben diversa. Non riuscivo a liberarmi sulla roccia, troppo rigida, ingessata nella mia campana di vetro sotto lo sguardo severo e “giudicatorio” dei miei compagni; ma ero solo io a percepirlo tale! Perché mi mancava la confidenza con quell’ambiente, la percezione del mio corpo in quello spazio nuovo e questo minava la fiducia nelle mie capacità.

Il tempo passava e con lui la roccia sotto le scarpette; finché ad un tratto, quasi senza rendermene conto, la roccia è sparita. La vita a volte ti fa sbandierare, non pensavi di essere in ambio, ma ci sei… fai una fatica boia a tenerti, e cadi. La vita mi aveva messa di fronte ad un lancio più importante, per cui non ero pronta, e le scarpette le ho abbandonate in un angolo. Ma quell’odore di roccia impolverata e il click dei moschettoni che riecheggia mentre il sole si appoggia sulla pelle, mi erano ormai entrati nelle vene e mi sono ritrovata assetata di quella sensazione!

Anna Capitanio

Questa volta però volevo viverla con la piena consapevolezza del mio essere, con la voglia di trovare il mio senso di libertà in parete, fuori dalla campana di vetro! Quindi, dovevo imparare ad arrampicare bene. E così eccomi qui. Scuola Graffer, primo corso di arrampicata libera Roberto Bassi, un richiamo che non potevo ignorare! Il gruppo si ritrova la sera dell’inaugurazione e sono ancora volti senza nomi. Quella sera è il volto con il nome di Roberto Bassi a parlare e nella mia testa le immagini di “Zanzara e Labbradoro” visto (e poi rivisto!) nell’edizione del filmfestival 2015. Da qui parte l’avventura.

Un gruppo perfettamente bilanciato per genere, sei uomini e sei donne, per età, padre e figlio insieme, per provenienza, da Roma alla Germania, per passioni sportive.Il viaggio, iniziato dapprima sonnolento, mano a mano diventa sempre più animato; ci si incontra, si familiarizza e, insieme, iniziamo a tracciare il nostro sentiero di avvicinamento verso la meta. Eccoci indoor alla palestra Sanbapòlis; un’apparizione al Salewa Cube e poi falesia, con il lago di Garda che osserva silenzioso e discreto i nostri movimenti sulla roccia. E se piove? Ecco la Gola di Toblino che ci accoglie nelle sue fauci e ci regala una giornata in cui si torna a casa con le braccia dure come l’acciaio. Un crescendo fino all’uscita finale di due giorni nel magico mondo di Finale Ligure!

Ma non è solo lavoro fisico. “Una disciplina si può dire che è affermata solo quando viene insegnata con mezzi strutturati” (la riporto come l’ho sentita, ma non chiedetemi chi l’ha detta!), ed è nelle serate in sede Sosat che le strutture iniziano ad essere montate. Un’uscita dopo l’altra, aumenta la mia confidenza con la roccia; la sento sotto le dita, roccia dura che mi sostiene e mi accompagna, sento i miei istruttori che mi guidano e mi incoraggiano, mi seguono con lo sguardo e io seguo loro con tutti i sensi all’erta.

Niente competizione nel gruppo, solo il piacere di salire per il gusto di farlo. Tutto qui. Magari migliorando in progressione, ogni volta un po’ di più. Solo il piacere di esserci, di vivere con semplicità e condivisione il momento del gesto arrampicatorio, che sia sul perfetto granito del Petit Capucin o sul ghiaccio della parete Nord dell’Aiguille Verte, come Catherine Destivelle, o semplicemente sulla roccia delle falesie di Finale Ligure! Il corso ha rinforzato la mia fiducia, mi ha dato gli strumenti per muovermi sulla roccia, per ricercare l’equilibrio… sta a me ora mettere in pratica questi strumenti, utilizzandoli!

Piano piano sento che mi sto liberando da tutti gli ancoraggi negativi che mi impediscono di arrampicare; questa pulizia mentale mentre arrampico è forse la magia che più mi attrae nel modo di andare in montagna. Niente più, niente meno che arrampicare con semplice naturalezza. E’ questo il mio obiettivo.

E se poi verrà anche un bel 6b da prima, pulito, tanto meglio! Grazie Scuola Graffer!

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