La vetta più alta della Liguria e gli scherzi delle finestre di meteo giuste (o forse no)

Se dico Liguria, qual è la prima associazione che vi viene in mente?

  • Mare? Molto probabile.
  • Aperitivo pizza in spiaggia? Ancora più probabile.
  • Barca, yacht e Portofino? Sono certa che vi sia venuta anche questa idea.
  • Le Cinque Terre e il giro tra le perle in battello? Impossibile non pensarci.
  • Camogli, i borghi dalle casette colorate, il profumo della focaccia e il basilico? Come darvi torto!
  • Alta Via dei Monti Ligurifalesieoutdoor? Mmmh, forse ma solo un ristretto numero di voi ci avrà pensato davvero.
  • Una vetta sopra i 2000 m? Noooo, impossibile: la Liguria ha tutte cime basse, un pò come le colline dietro casa mia” è quello che mi sono sentita ripetere spesso, anche ultimamente.

Mi chiederete dunque perchè questo incipit diverso e con tutte queste domande? Il motivo è che oggi vorrei raccontare una storia all’interno di una zona molto bella in Liguria, ma forse nota principalmente ad un certo tipo di pubblico, sicuramente più amante dello sport e della montagna.

Voglio farlo anche perchè questa narrazione insegna a non abbassare mai la guardia sui monti che, apparentemente, non dovrebbero presentare troppe difficoltà e su cui ci si potrebbe sentire più sicuri. Apparentemente, appunto!

Parlare delle Alpi Liguri nella loro interezza richiederebbe però davvero molto tempo e diversi articoli, quindi procediamo con criterio e cominciamo dalla zona che ho visitato qualche mese fa! Da qui poi procederemo, con nuovi e futuri pezzi, spostandoci di vallata, così da entrare in contatto con l’intera località, passo dopo passo.

Allora cominciamo? Benissimo, si parte!

Da dove si può iniziare un viaggio nell’imperiese e nelle sue terre alte? Difficile dare una risposta univoca ma sicuramente una potrebbe essere quella di prendere avvio dalla vetta più elevata.

Il monte Saccarello è una montagna delle Alpi liguri alta 2.200 m ed assieme al monte Frontè, alla cima Missun e al monte Bertrand forma il nodo del monte Saccarello: un massiccio alpino, costituito in prevalenza da substrati calcarei, che si caratterizza per le morfologie relativamente poco aspre. La vetta del monte Saccarello è dal 1947 il punto di confine amministrativo tra le province di Imperia e di Cuneo ma anche confine di Stato tra l’Italia e la Francia (fa parte del Dipartimento delle Alpi Marittime). La sua sommità costituisce il punto più elevato del territorio ligure e qui si trova la sorgente del Tanaro; è inoltre un punto strategico di convergenza di tre vallate: la val Tanaro a nord-est, la val Roia a ovest e la valle Argentina a sud-est.

Dopo questa doverosa premessa geografica, che anticipa già la portata storica e tattica di questo territorio, cominciamo il racconto della salita in vetta.

15 maggio 2021: una data come un’altra in Primavera.

I mesi delle grandi nevicate di questo anno sono ormai alle spalle, anche se rimane il rammarico di non essere riusciti a salire in inverno con le ciaspole. Pazienza, è stato un periodo strano e le restrizioni hanno portato a fare delle scelte suoi luoghi da visitare appena liberi. Purtroppo, la neve non dura in eterno e quindi questo desiderio si può solo rimandare di un anno ma poco importa: il monte rimane sempre lì ed è più bello che mai. D’altronde cosa cambia nel salirlo a piedi o con le ciaspole? È con questo intento che, a primavera inoltrata, ci avventuriamo nell’imperiese.

In realtà le previsioni meteorologiche non sono delle migliori e fin da subito c’è stata tantissima indecisione se andare davvero o rinunciare per stare più bassi, scegliendo una meta altrettanto meravigliosa, come le cascate dell’Arroscia. Il caso ha voluto però che, più ci si avvicinava alla vallata, più il tempo magicamente sembrava aprirsi alla possibilità di andare: il cielo azzurro emerge come un regalo inaspettato e dunque ormai non ci sono più dubbi. La destinazione è chiara: Monesi di Triora! Si tratta di una frazione del comune di Triora, in provincia di Imperiaoriginariamente nota stazione sciistica, famosa negli anni 80 e 90, che accoglieva l’alta società italiana ma che nel 2016, subì purtroppo una grave alluvione.

La località oggi sembra un pò spettrale e si presenta con una grande quantità di palazzi in cemento, chiusi e serrati, forse abbandonati (o almeno in quella stagione), che ha però il sapore dell’antico splendore vissuto. Alle sue spalle non è difficile scorgere la catena montuosa alpina, completamente invasa dalla neve: il Pizzo d’Ormea (2.476 m) e il Mongioie (2.631 m) sicuramente spiccano su tutti.

Un pugno nello stomaco mi colpisce: aver visto quelle montagne così piene di neve, mi riporta alla realtà. L’obiettivo doveva essere la salita al Saccarello senza l’uso di ramponiciaspole attrezzatura varia e lo scioglimento primaverile delle nevi, avrebbe dovuto aiutare in questo.

Un pò perplessa, ma spinta dall’entusiasmo dell‘improvvisa finestra di tempo sereno, ci avviamo all’inizio del percorso dove, poco dopo, ad un incrocio, bisogna fare una scelta. Probabilmente se avessimo deciso di percorrere la facile sterrata che passa sotto la seggiovia Trepini, non ci sarebbero stati troppi problemi a raggiungere la vetta ma ovviamente la decisione finale, presa anche dalla volontà di allungare l’itinerario passando anche dai rifugi La Terza Sanremo (prima di arrivare al famoso Cristo Redentore) ha portato a percorrere la parte opposta, seguendo dunque un sentiero che dolcemente si innalzava tra i prati.

Fin qui tutto bene: dopo 300 m di dislivello si comincia ad intravedere la vecchia sciovia che avrebbe portato diretti al primo rifugio, salendo però per un prato molto ripido. Perchè dunque fare questa direttissima che toglie fiato quando puoi proseguire lungo la vallata e fare un percorso molto più lungo ma che offre altri punti di interesse notevole? Non ci pensiamo troppo e seguiamo questa seconda strada: la vallata è deliziosa con piccoli ruscelli che si fanno sentire subito con il loro forte scrosciare dell’acquaLa vista spazia a 360 gradi e sembra un paradiso ma proprio in questo momento cambia qualcosa: la finestra di tempo sereno sembra chiudersi improvvisamente e nubi pesanti si stanno avvicinando, senza contare che ora abbiamo anche il primo incontro con la neve mentre non sembra esserci molta presenza umana. In questo stato mentale piuttosto angosciante, si prosegue seguendo l’itinerario con il pallino blu.

Il pallino blu. Appunto.

Già, peccato che ci sia neve ovunque e il sentiero sembra essersi trasformato in una immensa distesa bianca: chissà dove si trovano i segnavia. Giusto per chiudere il cerchio, intanto che si saliva, le nuvole si abbassano sempre di più ed è un attimo che si perdono del tutto gli ultimi punti di orientamento.

Bene, ora dove siamo? Bello avere il percorso in testa e poi improvvisamente non sapere più dove ci si trova. Vi è mai capitato?

Per fortuna esistono ancora i cellulari con le mappe. Ma ovviamente non c’è segnale e la traccia che mi ero in precedenza studiata su Outdooractive non appare. Grazie al cielo con il GPS si riesce comunque a individuare in che punto ci si trovi e, pur non essendoci più la strada rossa da seguire, si riesce comunque a capire lungo quali sentieri (linee tratteggiate) avanzare.

Penso sia passato un pò di tempo e nel frattempo appare un gruppo di 4 giovani ma fanno una scelta opposta alla nostra: chissà se alla fine si sia rivelata giusta o meno, di sicuro non li abbiamo più incrociati. Loro proseguono alla cieca lungo il nevaio, sperando di diminuire sempre più dislivello fino al Frontè, mentre noi decidiamo di virare tutto a destra e tagliare il monte, evitando così la neve (dove si sprofondava un pò). Forse, con il senno di poi, saremmo dovuti tornare indietro fino a quel primo incontro della visuale con la sciovia e fare quel bellissimo prato ripidissimo. Ecco, non voglio fare spoiler ma alla fine, l’esito sarà comunque quello, anche se il modo in cui ci siamo arrivati non è stato esattamente così pulito netto.

In mezzo infatti ghiaia, sassaie, tracce di camosci, percorsi incerti tra i rododentri, arbusti e rami troppo folti che sbarravano la strada. La classica situazione in cui avanzi di un passo e torni indietro di due! Un successo proprio!

Insomma, evitiamo i dettagli ma focalizziamoci sul fatto che l’umore, a quel punto, era molto basso e la scelta di tornare a Monesi era davvero vicina. Tuttavia, dopo un pò di tempo, ci siamo trovati vicini alla biforcazione con la ripida ascesa ma già più alti.

Allora, che cosa vuoi fare? Non vuoi provare almeno a raggiungere il rifugio Sanremo come ultimo sfizio prima di tornare alla macchina? Sì, con tutta quella foschianebbianeve quasi pioggiaavremmo rinunciato al Cristo Redentore e alla vetta del Saccarello ma almeno un ultimo tentativo per raggiungere il rifugio andava fatto. Un cubetto di Ritter sport e si riparte: ricordo ancora quella salita, resa forse molto più lunga dall’umore a terra per dover rinunciare alla vetta.

È proprio quando stavamo per tornare indietro che avvistiamo, tra la nebbia, quella che sembra una casa! Sì, è proprio lui! Il rifugio Sanremo del Club Alpino Italiano. Ancora qualche passo e tra le nuvole appaiono i pannelli solari sul tetto e tutti gli altri dettagli fino alla palina dell’AVML: l’Alta Via dei Monti Liguri.

Io non lo so, forse ognuno avrà le proprie passioni e i propri stimoli a ridare vigore, ma io in quel momento ho ritrovato di colpo tutte l’energie: fare la foto con il cartello del Sentiero Italia, mi ha fatto pensare di nuovo che forse una speranza di arrivare in fondo c’era ancora.

Di nuovo fuori la mappa, ancora Outdooractive!

A quel punto capiamo di essere messi bene perchè, pur essendoci ancora tantissima neve, è anche vero che il dislivello positivo era stato fatto praticamente tutto, rimanevano giusto un pò di decine di metri di sali scendi e diversi km in falso piano. Ci si poteva provare? L’approccio da ingegnere mi assale: procediamo con un meccanismo incrementale! Così, decidiamo di proseguire ancora fino al prossimo rifugio, il rifugio La Terza, dove prenderemo una decisione finale. Si prosegue dunque lungo l’Alta Via, in questa sterrata coperta dalla neve ma di non troppo difficile percorrenza, ad eccezione della scarsa visibilità, ridotta praticamente a zero.

Il rifugio appare, o per meglio dire, dalla mappa vedo che ci siamo davanti: in effetti avvisto un tetto spiovente e qualcos’altro ma non ci si può avvicinare troppo perchè è tutto chiuso e per arrivarci bisognerebbe fare una discesa piena di neve.

Un altro controllo alla mappa: il Cristo Redentore non è lontano e la strada forse potrebbe essere più scarica dalla neve.

Dai, siamo quasi in fondo, non si può rinunciare proprio ora!

Ancora un pò di tornanti, con scorci che, sono sicura, se non ci fosse stata la nebbia, sarebbero stati da brividi. Mettiamola così: i brividi c’erano lo stesso ma le ragioni completamente diverse. Tuttavia, si sa, quando si è vicini alla meta, ogni energia affiora in tutte le parti del corpo e l’adrenalina regna sovrana.

Manca poco, dai, forza!

Ecco che appare qualcosa ma non si capisce: riguardo la mappa per comprendere. Sì, ci siamo davvero vicini. Proseguiamo in direzione di quella che il GPS riconosce come PUNTO PANORAMICO. Chi lo sa, può essere, io non ho dubbi a riguardo, ma per oggi mi basta vedere la statua da vicino, non chiedo molto di più.

Finalmente vengo accontentata! Il Cristo Redentore con la sua mole imponente appare, o meglio dire, si intravvede tra le nuvole! In ogni caso questo non fa la differenza! Mi viene quasi da piangere: è vero, non è una cima particolarmente complicata ma l’intera storia, il modo in cui siamo arrivati, lo stato d’animo, la tensione nonchè l’umore, sono stati davvero potenti e forti come in esperienze di altro genere, sicuramente più a Nord della Liguria.

È tempo di foto, di riprendere fiato, di mangiare, di godere di quel momento (ma non della vista).

Non troppo però! Non sia mai! Vento e pioggia cominciano a farsi più persistenti e soprattutto ancora non conoscevamo lo stato della strada per il ritorno: magari poteva essere ancora peggiore, chi lo sa!

Tempo di ripartire: proseguiamo e di nuovo un’altra scelta: a sinistra verso le batterie o a destra in direzione Tanarello e dopo sterrata per scendere a Monesi. Non è difficile: oggi l’obiettivo era stato il Cristo (e siamo riusciti a farcela!) quindi ora le batterie possono aspettare condizioni meteo migliori perchè l’unica cosa che conta è tornare sani e salvi alla macchina.

Persiste ancora un pò di neve sulla scelta fatta andando a destra ma pian piano si dirada sempre di più e, scherzo del destino, qualche nube si alza a ridosso del monte Tanarello, permettendoci di vedere (finalmente!) almeno un pò di panorama.

Quella che vediamo è la valle del parco del Marguareis! Wow 😊

Non ricordo bene i pensieri: ero solo felice e grata di godere di quella vistadi tornare a sognare nuove mete e con la prima consapevolezza che finalmente ora sarebbe stato tutto in discesa.

Sì, perchè…ricordate quella prima biforcazione poco sopra Monesi?

Ecco, questa è la famosa sterrata: è una strada poderale che viene percorsa anche dalle jeep della forestale o dei rifugisti. Una via facile, comoda, posta sul confine tra Italia e Francia che, con un dolce zig-zag di decine di curve, porta in meno di due ore a Monesi.

A posteriori, sorrido al ricordo di questa vicenda e di come tante piccole scelte casuali abbiano influito ed influenzato questa avventura, che sicuramente sarebbe stata più facile e diversa se fosse iniziata in un altro modo.

Forse non ci sarebbero stati cambi repentini di umore, tensioni elevate, paura di non farcela e contagiosa voglia di tornare indietro, però forse questo è proprio ciò che amo della montagna.

Non bisogna mai esagerare e fare troppo il passo più lungo della gamba ma finchè senti che c’è anche una remota possibilità di non rinunciare, continua a crederci e sognare. Solo così, ogni volta si può apprendere qualcosa in più che ti porta a raggiungere sempre più grandi traguardi!

Le Alpi Liguri non sono solo vette ma storie di borghi, cascate, fortificazioni, strade che si incrociano tra passato e presente ma queste sono altre storie.

Per questo primo racconto non avrei saputo in quale altro modo cominciare se non così.

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