IL MIO IKIGAI

IKIGAI è una parola giapponese che letteralmente significa “quello per cui vale la pena svegliarsi la mattina“, una ragione per cui vale la pena vivere da cui scaturisce la passione che ti muove, ti fa sognare e desiderare di superare i tuoi limiti e vivere intensamente.
Il mio IKIGAI è legato alla Natura, alla Montagna, si li scrivo maiuscoli, perché hanno anima, sono spiriti e sono immensamente più grandi di noi. Sono i miei migliori maestri, mi hanno salvata, mi hanno fatta prima rinascere e poi crescere come donna più forte, completamente nuova.
Il mio IKIGAI mi fa essere felice con poco, che in realtà per me è tantissimo, perché ho imparato che dare valore alle piccole cose, svegliarsi ogni giorno con il sorriso è molto più importante di possedere tanto e molto spesso superfluo.
Mi fa desiderare di farlo diventare la mia vita ogni giorno ancora di più e poter rendere partecipi altre persone del dono meraviglioso che abbiamo intorno a noi. Per questo cerco di diventare guida ambientale escursionistica, per questo scrivo delle emozioni che vivo lassù, le racconto con immagini e parole.

La giornata che vi voglio raccontare è un piccolo viaggio, ogni volta che vado in montagna è così per me, ma in questo caso lo è stato ancora di più.
La sveglia suona alle 4.00 di mattina, necessario per andare a salire un canale di neve a fine maggio, ma non pesa quando l’entusiasmo è alle stelle perché sarà il primo con picozza e ramponi, sarà una nuova esperienza. Vivo in montagna da pochi anni e la passione per l’alpinismo sta diventando poco per volta una realtà, un forte richiamo per la mia anima wild, mentre il trekking, le lunghe traversate anche in autosufficienza con zaino e tenda sono una realtà, occupano tutti gli spazi liberi nella mia vita.
Il viaggio che vi racconto parte da Pian del Colle e attraversa uno dei boschi più belli e di pregio di Bardonecchia, in alta Valsusa, larici secolari, abeti bianchi e rossi, e poi in questo periodo una fioritura rigogliosa di anemoni, passando dalle grange Teppas e Guiaud. Il bosco all’alba è magico, pieno di energia, profumi il canto degli uccellini che accolgono il giorno, i colori del mattino, i primi raggi di sole che illuminano il bosco, il verde rigoglioso della primavera. Non può esistere inizio migliore.
A quota 2100 metri usciamo dal bosco più fitto ed iniziamo ad entrare nella cattedrale di roccia che ci accoglierà oggi. il colore predominante è il giallo e di fronte a noi guglie, torri calcaree, archi naturali di roccia che rendono questa zona un paradiso per gli occhi, un luogo da sogno e il contrasto della roccia con il cielo blu rende tutto ancora più stupendo. Sono venuta qui, nell’anfiteatro tra il Col des Acles, la guglia del Mezzodi e cima della Seur al confine fra piemonte e Francia, altre volte ma ogni volta rimango incantata, e oggi salirò insieme al mio compagno di vita e di avventure in cima alla Guglia del Mezzodi da una via alternativa, il “canalino spaccacorna” così soprannominato dagli sci-alpinisti per la sua conformazione, stretta e in presenza di molta neve diventa davvero un collo di bottiglia.

Con il mio compagno attacchiamo il pendio, il primo pezzo semplice poi la pendenza aumenta sempre più, la neve è in buone condizioni, ma in alcuni tratti manca e su sfasciumi dobbiamo cercare l’attacco vero e proprio del canale. Sbagliamo due volte, dobbiate ridiscendere un pezzo e poi finalmente lo troviamo, incassato tra le rocce, non così facile da individuare.
Il primo impatto da parte mia è “oddio quanto è ripido!” e la mia espressione tradisce quel filo di tensione, che però sparisce dopo pochi minuti di salita nel canale per lasciare spazio a gioia, adrenalina, meraviglia e non so descrivere quante altre emozioni.

Saliamo in conserva corta e nei tratti più impegnativi e per sicurezza, soprattutto per me che sono una principiante in tema alpinistico, facciamo due tiri di corda assicurandoci con viti da ghiaccio. Passiamo anche sotto una cascata che scende dalle rocce, l’ambiente è davvero spettacolare!
Siamo ormai arrivati all’uscita del canale, il pendio si apre anche se rimane ancora ripido, e in breve siamo al Pas des Rousse che separa le due cime, la Gugia del Mezzodì che sarà la meta di oggi e la Cima della Seur costituita da due punte la cima est e la cima ovest.


Una breve pausa e poi continuiamo a salire verso la Guglia, una cima 2621 metri, solitaria ed estremamente panoramica.
Finalmente dopo 1200 metri di dislivello positivo, con ultima parte impegnativa, siamo in cima!

Lo sguardo spazia a 360 gradi su tutte le cime circostanti dell’Alta Valsusa fino alle alte e selvagge vette del gruppo degli Ecrins, in Francia, con la Barre des Ecrins che domina con i suoi 4100 metri; il mio sguardo ed i miei desideri volano già lassù, anche se devo fare ancora esperienza per vivere quest’avventura con consapevolezza e divertendomi. Ritorno alla realtà, oggi sono qui ed è l’unica cosa che conta, la salita è stata bellissima e la giornata è calda, perfetta. Ci godiamo un meritato pranzo sulla stretta cima, scattiamo foto e come sempre io non voglia di scendere, qui mi sento a casa.
Ma il viaggio è solo a metà, la discesa sarà lunga, soprattutto perché abbiamo deciso di scendere dal versante sud, quello opposto alla salita, faremo un anello. È ora di rimettere lo zaino in spalla,salutare la Montagna, scrivere qualche parole sul diario di vetta ed iniziare la discesa.

Il primo tratto di sentiero è bellissimo, ben tracciato, un lungo traverso che taglia il pendio sud della Guglia da ovest verso est, ma le sorprese e l’avventura oggi non sono ancora finite. Il sentiero diventa una traccia e poi sparisce, la neve lo ha portato via e parecchie frane di detriti hanno interrotto quello che ricordavo essere un bel sentiero che porta al Col des Acles. Il percorso diventa davvero impegnativo, la terra dura, il pendio scosceso e il caldo del pomeriggio del versante sud rendono questo tratto davvero impegnativo, soprattutto per me che non amo molto i traversi su terra dura. Devo tirare fuori tutta la determinazione possibile, e in un bagno di sudore usciamo dalla parte più difficoltosa e ritroviamo il sentiero che arriva finalmente al Col des Acles. Il torrente in mezzo ai prati fioriti è un miraggio come l’oasi nel deserto, soprattutto perché abbiamo finito l’acqua, il the, tutto. Ci fermiamo, via gli scarponi da alpinismo e piedi nell’acqua gelata, non c’è cosa migliore e più rigenerante. La parte impegnativa è finita, rimane solo il sentiero che passando sotto la bellissima Tour jaune de Barrabbas ci riporterà nel bosco e poi di nuovo a Pian del Colle, da dove siamo partiti stamattina alle 6.30.

Ore 18.30, dopo 12 ore fuori tra le montagne che amiamo, siamo tornati. Troppo tempo per una salita del genere? Può essere, ma per me, per noi e per come viviamo la Montagna non esiste orologio, non esiste tempo, non esiste performance, esistono e contano l’esperienza il viaggio, le emozioni.
Oggi è stato un grande Viaggio, vicino a casa eppure mi ha portato lontano.
Se siamo capaci di aprire il nostro cuore, di vivere gli attimi in modo intenso scopriremo che la Vita è un viaggio meraviglioso, potremo diventare alpinisti dell’anima, diventeremo parte dell’immensa bellezza che ci circonda, ci accoglie e ci regala la Vita, Madre Natura.

Torna in alto